"I pisani ci copiavano le ceramiche"

Al Museo Sforzesco di Milano un caso spettacolare: un piatto per le nozze di Francesco Maria II della Rovere

Federico

Malaventura *

All’interno dei Musei del Castello Sforzesco di Milano, al numero d’inventario 110, è conservato un affascinante e grandioso piatto in maiolica, attribuito a bottega urbinate o durantina, proveniente dal legato De Cristoforis ed entrato nelle collezioni milanesi nel 1876.

Porta al verso in azzurro la data 1599, e al recto lo stemma coronato bipartito del duca Francesco Maria II della Rovere e della cugina Livia della Rovere dei marchesi di San Lorenzo in Campo, circondato dal Toson d’Oro e da motivi a raffaellesche policrome entro riserve sagomate.

Il 26 aprile 1599 a Casteldurante furono celebrate senza grandi sfarzi le nozze dei due cugini, il cinquantenne duca Francesco Maria II ormai avanti con l’età e in cerca di un’erede maschio, e la quasi quattordicenne Livia, matrimonio fruttuoso che porterà pochi anni dopo, il 16 maggio 1605, alla nascita del tanto agognato erede Federico Ubaldo della Rovere, futuro duca d’Urbino, che morirà in circostanze tragiche e alquanto misteriose il 28 giugno 1623, fatto che segnerà nel 1631 la devoluzione dell’intero ducato in favore dello stato ecclesiastico.

Al matrimonio, anche se celebrato in modo abbastanza austero, non mancarono sicuramente le blasonate personalità dell’epoca accompagnate da fastosi doni, provenienti dai grandi stati e signorie che si spartivano l’Italia in quegli anni a suon di cruenti battaglie e subdoli intrighi. Il nostro piatto a un’attenta analisi stilistica, cromatica ed esecutiva, ci riporta a un’artista ben preciso, Niccolò Sisti, ceramista con bottega a Pisa e attivo negli ultimi decenni del XVI secolo, ben inserito nella corte medicea, infatti, lo troviamo nel 1571 al servizio di Francesco de’ Medici presso il Casino di San Marco situato in Firenze, assieme all’urbinate Flaminio Fontana, ai maiolicari faentini Pier Maria conosciuto come “il faentino della porcellana” e Jacopo di Filippo detto “della porcellana”.

Con grande orgoglio Francesco de’ Medici nel 1575 annuncia pubblicamente di aver scoperto "il modo di far porcellana dell’India", iniziando così questa alchemica e ricercata produzione, oggi custodita, visti i rarissimi pezzi superstiti, nei più importanti musei di tutto il mondo.

Accanto alla produzione di porcellane si affiancò anche quella della maiolica, dove si copiarono le decorazioni e gli stili delle più importanti botteghe dell’epoca, come le urbinati, durantine, faentine e derutesi.

Ciò che ci porta ad attribuire l’opera del Castello Sforzesco al Sisti, è sicuramente la maiolica battuta dalla casa d’aste Cambi di Genova nella tornata del 12 giugno 2017, lotto novanta. Si tratta di una fiasca da pellegrino sagomata e decorata a raffaellesche policrome su fondo bianco, con quattro prese mascheriformi, il tutto è impreziosito da uno stemma centrale raffigurante un grifone rampante sorretto da due figure femminili alate.

Proprio queste ultime due figure risultano simili al piatto milanese, come quasi tutto il resto della decorazione, dove gli ornati sono delineati con un colore specifico, il blu, riscontrabile in altre opere attribuite alla bottega pisana del Sisti, come la crespina datata 1593 e conservata nel Palazzo Blu a Pisa, o la grande anfora biansata in stile urbinate conservata nelle collezioni del MIC a Faenza.

Concludendo, è possibile affermare che lo straordinario piatto roveresco fu prodotto dalla bottega pisana di Niccolò Sisti, commissionato probabilmente da qualche personaggio della corte medicea in visita alle nozze ducali.

* studioso di ceramica