I suoni della foresta, un tesoro irripetibile

Domani proiezione gratuita al Cinema Nuova Luce di Urbino del documentario di David Monacchi. Il film ha già avuto 11 premi internazionali

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di Giovanni Volponi

Dalle Cesane alle foreste equatoriali, in oltre vent’anni di ricerca e registrazioni il musicista urbinate David Monacchi ha collezionato una libreria virtuale di suoni sterminata. Domani una parte di questo database sarà udibile – e visibile – da tutti in occasione di una doppia proiezione gratuita al cinema Nuova Luce, alle ore 15 e 17 (necessario prenotarsi su www.uniurb.itprenota).

Sullo schermo verrà riprodotto “Dusk Chorus“, documentario di 62 minuti diretto da Nika Šaravanja e Alessandro d’Emilia e scritto e narrato dallo stesso Monacchi, specializzato in musica elettronica e docente di elettroacustica al conservatorio “Rossini“ di Pesaro. La pellicola, che ha avuto 11 premi internazionali, racconta la spedizione in Ecuador, che è solo una piccola parte del progetto complessivo del ricercatore urbinate, denominato “Frammenti di Estinzione – Il patrimonio acustico delle foreste primarie“, finalizzato alla conservazione dei suoni primordiali destinati a scomparire.

Quando è iniziato tutto, Monacchi?

"Da giovane, in una valle completamente schermata dal rumore delle strade, tra i monti delle Cesane e Canavaccio, nei pressi del lago di Santa Maria, non lontano da San Marino di Urbino".

Che suoni la colpivano?

"C’era tanto da ascoltare, specialmente tra maggio e luglio: insetti, usignoli, anfibi, il gracidio ritmato delle rane che oggi al lago non ci sono più. In natura, dove non ci sono suoni umani coprenti, ci sono sempre suoni interessanti".

Quando l’idea di partire per la prima spedizione?

"Nel 1998, ero rientrato da poco dal Canada, è nata l’idea di campionare i suoni di foreste tropicali ad altissima biodiversità. Ciò che rende quei luoghi diversi dagli altri è il fatto che più è alta la biodiversità, più l’ecosistema sonoro è complesso e unico. Il primo vero viaggio fu nel 2002, con Green Peace, nell’Amazzonia brasiliana".

Gradualmente è nato il progetto “Fragments of Extinction“.

"Sì, campionando vari luoghi primordiali del mondo. Ciò che mi interessa è mappare l’insieme dei suoni che compongono l’ecosistema sonoro, scoprire che quasi tutte le frequenze sono occupate da una o più specie".

Dalla registrazione alla riproduzione: quando è nata la “Sonosfera“?

"Nel 2005 serviva uno spazio per la riproduzione degli ecosistemi registrati che riproponesse la tridimensionalità con cui erano stati registrati. Nel 2008 ci fu un primo esperimento col museo di storia naturale di New York, poi da quel momento una serie di lavorazioni hanno portato a due brevetti tra 2013 e 2014, e infine alla creazione del primo spazio stabile in Danimarca e poi nella Sonosfera inaugurata a Pesaro nel 2020. Questi teatri stabili, con decine di altoparlanti disposti a sfera attorno al pubblico, erano necessari per dare una fruizione pubblica al progetto dei “Frammenti“".

Come parla la foresta dell’Ecuador?

"Numericamente, è la più ricca di suoni. Invece la più ordinata e organizzata è al Borneo. Ci sono anche suoni vegetali e atmosferici, ma sono uno ogni mille rispetto a quelli animali. Nel documentario, si evince anche una riduzione dell’ecosistema sonoro, dovuto a siccità e rumori umani di fondo. Sicuramente la resilienza di questi luoghi garantisce impatti minori rispetto ad altri habitat, ma è difficile valutare cambiamenti non conoscendo la situazione di partenza. Certo è che dobbiamo preservare questi ambienti".

Progetti futuri?

"Finalmente, dopo la pandemia, stiamo organizzando per l’autunno a Sumatra e Borneo. Stavolta registrerò con una nuova tecnologia a 64 microfoni".

Felice di presentare il film nella sua città?

"Certamente, soprattutto per la popolazione studentesca. Sarò disponibile per domande e risposte, aspetto tutti al cinema".