L’atto primo è andato in scena ieri mattina quando si sono aperte le buste per l’assergnazione del marchio Berloni cucine: il brand è stato acquistato per 2 milioni e 100 mila euro dalla Nord Est Holding che controlla il gruppo "Arredissima" di Castel Franco Veneto, 23 punti vendita di mobili, 120 milioni di fatturato e due grandi centri anche in zona, uno a Rimini e l’altro aperto recentemente in Ancona. Un colosso del settore e in espansione. Poi c’è anche un atto secondo il cui finale non è stato ancora scritto. "E’ nostra intenzione, se è possibile, mantenere la produzione su Pesaro per legare il marchio al territorio in cui è nato – dice l’amministratore delegato di Arredissima, Ottavio Sartori –. Abbiamo già avuto alcuni contatti ma non abbiamo mai approfondito anche perché non avevamo certezza assoluta di prendere il marchio perché aleggiava sempre il nome dei taiwanese Wang che ha un’altra forza finanziaria rispetto alla nostra".
Ora che succede?
"Che con il marchio Berloni in mano andremo ad approfondire alcune situazioni ed ho anche un appuntamento nei prossimi giorni a Castel Franco Veneto con una persona che mi ha fatto una buona impressione per cui vediamo se sarà possibile mettere in piedi una collaborazione".
Si è dato dei tempi?
"Sì, ci siamo dati dei tempi e cioè vogliamo eventualmente chiudere nel giro di un mese e mezzo. Se poi non si troveranno i termini, la produzione Berloni la porteremo in Veneto. Comunque è nostra intenzione, e la cosa la vediamo molto bene, mantenere la produzione su Pesaro".
Sulla possibilità che la realizzazione delle cucine possa andare a qualche grande terzista, Ottavio Sartori risponde: "Il livello della produzione dever essere di target medio-alto per cui stiamo parlando di livelli che voi a Pesaro conoscete bene, e quindi intendo Febal, Berloni e di Scavolini".
Va detto, anche se ufficialmente nessuno lo dice, che uno degli uomini interpellati per lasciare la produzione a Pesaro, sarebbe uno della storica famiglia che ha fondato l’azienda nel 1960. Ma sia Roberto, il figlio di Marcello Berloni, e sia Massimo il figlio di Antonio che fra l’altro lavora ancora nell’ambito dell’arredo con mobili su misura per gli yacht, smentiscono qualsiasi tipo di contatto con i vertici del gruppo Veneto.
Comunque i progetti che sono sul tavolo sono molto ambiziosi "perché alla fine del 2025 vogliamo arrivare ad un fatturato di 300 milioni di euro e stiamo anche studiando attraverso Berloni by Arredissima anche ad una penetrazione all’estero perché su alcuni mercati il marchio è ancora molto conosciuto", continua Ottavio Sartori.
Se la seconda parte è ancora da scrivere e cioè capire se la produzione resterà su Pesaro, alcune certezze comunque ci sono: i 2 milioni e 100mila euro raccolti dal delegato alla vendita, il commercialista Leonardo Crescentini, andranno infatti a coprire un po’ di debiti che erano rimasti nel cassetto "e sicuramente entro la fine dell’anno tutti gli operai, una quarantina circa, riprenderanno gli stipendi non pagati".
E siccome il gruppo veneto ha fatto l’offerta solamente per il marchio, resta ancora da vendere all’asta tutto ciò che c’era di contorno alla Berloni. Perché sono rimasti ancora alcuni macchinari per la produzione anche se non sono di ultima generazione, ed anche ciò che resta del magazzeno. Comunque una partita che si sta chiudendo.
Tra le pieghe di questa storia c’è anche un altro angolo di lettura che è quello legato al paventato intervento in fase di asta del taiwanese Wang. Cosa questa non accaduta perché c’era una sola busta sul tavolo. Una eventualità non vista positivamente perché avrebbe portato il marchio Berloni all’estero per poi magari cederlo attraverso l’incasso delle royalty, a gruppi industriali di chissà quale parte del mondo. Per il momento c’è la certezza che il marchio Berloni resta in Italia e forse c’è anche la possibilità che la produzione resti anche a Pesaro.
m.g.