di Claudio Salvi
Baia degli Angeli, ovvero la madre di tutte le discoteche della riviera. Un locale che a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta era diventato un vero e proprio fenomeno di costume. Luogo di incontro della più bella gioventù, ma anche pista dove si poteva ascoltare la migliore musica e i più prestigiosi disc jokey, la "Baia" - come la chiamavano tutti - era diventata il faro nella notte dell’Adriatico. Più ancora di un altro storico locale posto a qualche centinaio di metri da lì e con una non meno invidiabile vista mozzafiato: l’Eden Rock che però aveva vissuto i suoi anni d’oro qualche anno prima.
Ora sulla Baia degli Angeli (oggi Baia Imperiale), sta per uscire una nuova pubblicazione a cura di Max De Giovanni, dj, collezionista e grande appassionato della discoteca di Gabicce Monte. Nel suo libro compariranno testimonianze, progetti, ritagli di riviste e giornali, fotografie inedite di quello che è stata a tutti gli effetti più di una discoteca. E dire che la Baia degli Angeli nacque da un’idea diversa che era quella del commendator Antonio "Tonino" Cerri, facoltoso imprenditore agricolo e commerciante di sementi di Saludecio che nel 1967 decise di diversificare i suoi investimenti e di edificare un ristorante di classe in un’area di 25mila metri quadri di sua proprietà. "Voleva - si legge nella pubblicazione di De Giovanni – un locale meraviglioso". E lo divenne. La progettazione fu affidata al geometra Claudio Franchini e sovrintendenza delle Marche e Genio civile diedero il loro benestare agli esecutivi del tecnico nell’agosto del 1968. Fu creata così quella che diventò in seguito la Baia degli Angeli, la pima discoteca con piscina. Finalmente nel luglio del 1972, dopo ben cinque anni di lavori e richieste di permessi vari, il locale aprì con la gestione di un giovane e intraprendente industriale cremonese: Giacinto Alquati che diede al locale un’impronta nuova e più che ingegnosa. Il locale apriva nel pomeriggio per permettere agli ospiti una giornata di sole in piscina, sorseggiando i cocktail del barman "Franzioso" che proponeva stuzzichini in attesa dell’apertura del ristorante che poi aprì nel luglio dello stesso anno.
Ma il destino della Baia, ovvero quello di diventare discoteca, era ormai tracciato. Alquati, nell’intento di offrire qualcosa di ancora più innovativo, lanciò l’idea del tuffo di mezzanotte, ovvero del bagno in piscina, premiando personalmente ogni sera (a suo insindacabile giudizio), la miglior bagnante. Di lì in poi Alquati decise di aprire un’altra piscina e di far ballare il popolo della notte. Chiamò così Harry Patterson, giamaicano di stanza a Londra, dj molto conosciuto in Riviera. Patterson fu per la Baia l’asso nella manica. Già perché il dj portò sui piatti del locale, la musica che si ascoltava a Londra nei migliori locali. Fu una vera e propria rivoluzione. Di lì in poi, stagione dopo stagione, per la Baia comincio il periodo dorato, anche grazie alla nuova gestione di Giancarlo Tirotti e l’arrivo dei miglior dj. Tra il 1975 e il 1977 vennero ingaggiati, direttamente dagli States, i dj Bob Day e Tommy Sison.