Il Museo Oliveriano riapre ed è pure ringiovanito

Sale svecchiate grazie al nuovo allestimento, che sarà inaugurato d’autunno. Ma per ora le visite saranno limitate agli studenti

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di Daniele Sacco

Popolo pesarese, nuntio vobis gaudium magnum: abbiamo di nuovo il museo! "Il giorno 31 luglio 1892 ci fu la prima inaugurazione del museo Oliveriano, dunque la data di oggi è emblematica e non casuale". Con queste parole il vicesindaco Daniele Vimini ha sottolineato la cerimonia di presentazione del nuovo allestimento del Museo Oliveriano, che si è tenuta nel pomeriggio di ieri nella corte di Palazzo Antaldi. Molte le autorità presenti alla cerimonia: l’arcivescovo Sandro Salvucci, Cecilia Carlorosi Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Ancona e di Pesaro - Urbino, Giorgio Calcagnini rettore Uniurb, Chiara Delpino curatrice del nuovo allestimento e funzionario archeologo della Soprintendenza per le province di Frosinone e Latina, Fabrizio Battistelli presidente dell’Ente Olivieri, Brunella Paolini direttore dell’Ente Olivieri.

"Già da domani inizieranno le visite guidate per scolaresche e gruppi organizzati - ha dichiarato il vicesindaco Vimini - ma si tratta di una anteprima, poiché il museo sarà inaugurato nei mesi autunnali. Il Museo Oliveriano, custode delle memorie archeologiche della città di Pesaro, e promosso dall’erudito Annibale degli Abbati Olivieri Giordani e da Giovan Battista Passeri nel XVIII secolo, si trova al pianterreno di Palazzo Almerici, in via Mazza. L’allestimento era chiuso da circa 10 anni quando, nel 2013, alcune infiltrazioni di acqua misero a repentaglio la sicurezza dei reperti esposti. Ciò, unito all’umidità dello stabile, fece propendere l’allora direttore generale di Archeologia del Ministero per la chiusura immediata, come ha raccontato Chiara Delpino.

La chiusura si è però trasformata in una occasione di rinascita, con una "genesi molto lunga" come ha dichiarato, ancora, Delpino. La Soprintendenza chiese prontamente un finanziamento al Ministero della cultura, finanziamento ottenuto. A quello si sono poi sommati ingenti finanziamenti da parte del Comune "circa 1 milione e 200mila euro di investimento in dieci anni", ha ribadito Vimini, altri fondi da parte del governo svizzero utili per i restauri di alcuni reperti, un contributo della fondazione Scavolini e della Provincia. Il progetto museografico è stato realizzato da Startt (studio di architettura e trasformazioni territoriali).

Come si presenta il museo? Svecchiato. La veste precedente ricordava un certo collezionismo antiquario di fine ’700, dal carattere decisamente obsoleto. Le sale appaiono più ampie, i reperti non sono ammassati e respirano, le informazioni date sono molto, molto essenziali. Quattro le sezioni espositive: la necropoli picena di Novilara, il lucus pisaurensis (un bosco sacro situato presso Santa Veneranda), il municipio di Pisaurum (la città romana) e il collezionismo settecentesco. L’esposizione è organizzata in ordine cronologico. Certamente se paragonato ad altri musei archeologici cittadini (Rimini in primis) il museo è ancora troppo ridotto per un capoluogo di provincia, ma è pur sempre un nuovo inizio.