Il ponte medievale di Apecchio è “falso“ È stato interamente rifatto a metà Ottocento

Mai fidarsi della tradizione orale. Lo studioso Edmondo Luchetti ha ricostruito la vera storia del simbolo paesano

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di Amedeo Pisciolini

Il vecchio ponte sul Biscubio ad Apecchio, oggi noto con il nome di “Ponte di Ghighetta” è veramente di epoca medievale? Nuove scoperte d’archivio ribaltano l’opinione comune grazie al lavoro di ricerca dello studioso Edmondo Luchetti.

Luchetti, il ponte è medievale o no? E’ del XIII secolo?

"Chi lo dice si fida della tradizione orale, non ha fatto ricerche".

Come stanno le cose?

"Che in antico il ponte esistesse è ovvio e non ci sono dubbi. La viabilità dei secoli scorsi era del tutto diversa da quella di oggi e l’unico ponte di Apecchio era indispensabile tanto per la comunicazione verso Piobbico-Acqualagna – tendente alla strada nazionale Flaminia per il passo del Furlo – quanto con Città di Castello e la vallata del Tevere e Roma".

Quello odierno è o no il ponte antico?

"No. Sul principio del XIX secolo l’antico manufatto cominciava a manifestare seri problemi di staticità. Nel 1816, un mio antico collega, il geometra Domenico Prosperini, rileva con un artistico e gradevole disegno il ponte evidenziando le sue criticità e suggerendo le soluzioni da mettere in atto per renderlo sicuro. Ci fa conoscere la luce dell’arco grande in canne romane, che rapportata al nostro sistema metrico risulta circa 19 metri. La cappella che esiste sulla sua sommità lesionata nei muri laterali, la lesione e il cedimento dell’arcata nella parte sinistra all’altezza delle reni dell’arco, la lesione nella chiave dell’arco. Suggerisce la costruzione di una palafitta in legno all’ingresso e all’uscita delle acque al fine di evitare l’abbassamento del letto del fiume e il relativo indebolimento del pilone sinistro. Non sappiamo però al momento in quel frangente quali lavori furono messi in atto".

Ma il ponte è antico o no?

"Lo era, ma non per molti anni ancora, probabilmente poco o nulla si fece dal momento che il 17 giugno 1835 “con veneratissimo dispaccio dell’Eminentissimo Cardinal Legato [ovvero il Presidente della Legazione Apostolica di Urbino e Pesaro] comunicato in copia dall’Ill.mo Sig. Raffaele Collesi Priore dell’Ill.ma Comunità della Terra di Apecchio...” si ordinava la riforma della perizia dell’anno precedente, “...che per la raccomandata economia non se ne propose la dispendiosa esecuzione...” ma in pari tempo si autorizzava il terzo provvedimento di quella perizia per “...li urgenti lavori di grosse riparazioni che occorrono“. La situazione è notevolmente peggiorata e la stabilità compromessa, nella perizia è riportato: “...ed è in pessimo stato per essere scalzato nelli fondamenti del pilone, ed ali alla sinistra e ceduto da quel lato l’arco maggiore, esser poco frequentato il ponte con legni carichi in causa del pericolo che si presenta, miracolosamente si sostiene la volta stessa, unitamente a tutto il rimanente che trovasi pregiudicato...”".

Insomma, cedeva...

"Sì, la volta dell’arco grande nella parte sinistra ha un cedimento di 20 centimetri, nel punto già evidenziato da Prosperini, come la chiave dello stesso arco, il pilone sinistro è notevolmente scalzato nelle fondamenta dal turbine delle acque che sono mal regimentate, la muraglia sinistra che sorregge la strada per Città di Castello, oltre ad essere anch’essa scalzata nei fondamenti è spaccata da cima a fondo. Era pericoloso".

E allora, intervennero?

"Formalmente sì, materialmente penso di no. Le autorità comunali dell’epoca fecero redigere nel 1836 una nuova perizia sulla base di quella di due anni prima, con un particolareggiato progetto di conservazione del ponte antico che ci fa conoscere preziose informazioni. Questo prevedeva la riduzione della luce dell’arcata grande da 19,20 metri a 18,30. La luce dall’ intradosso dell’arco al pelo dell’acqua ridotta da 7,30 metri a 5,70. Quindi la costruzione di tre fascioni di rinforzo al di sotto dell’antica arcata per la sua stabilizzazione, da costruirsi in pietra prelevata dalle cave di Pietragialla, la rifondazione delle fondamenta dei piloni con spessimento della muratura, la realizzazione di paratie in “merollo di quercia” sulla sponda sinistra per guidare le acque al centro della volta, e la riapertura dell’arcata minore liberandola dalla terra di deposito. Era prevista inoltre “...la demolizione delli due muri laterali dell’antica Trasanna lesionati e rovinati che esistono nella sommità del ponte...” cioè i due muri laterali dell’antica cappellina ormai priva di tetto, ma ancora esistenti nel 1836".

Il ponte rimane medievale?

"Nel progetto di “grosse riparazioni” doveva rimanere quello antico, seppur integrato con opere di rinforzo. Ma poi le cose cambiarono".

L’attuale ponte è dunque recente?

"Cito i documenti. La descrizione del 1836 è diversa dallo stato attuale. Oggi l’arcata maggiore ha una luce di 15,40 metri, avrebbe dovuto essere dopo i lavori di rinforzo di 18,30, l’altezza dell’arco dal pelo dell’acqua è oggi di circa 7,60 metri, avrebbe dovuto essere di circa 5,70, la larghezza del ponte è oggi di 4,30 metri; quella antica era di 4,10. Molti dati non tornano".

E’ medievale o no?

"Facciamolo dire al notaio apecchiese Luigi Matteucci. Ho trovato fra i suoi rogiti conservati nel fondo notarile nella biblioteca storica del comune di Urbania un documento che fuga ogni dubbio. E’ un “Istromento d’appalto” di nove pagine dove il notaio ci fa conoscere che: “...con atto d’asta del 23 aprile 1844, l’appalto dei lavori per la ricostruzione del ponte caduto sopra il torrente Biscubio presso il Borgo di questo paese restò deliberato ecc. ecc...”. Il nostro all’epoca era l’unico ponte. Il notaio ci fa sapere che gli appaltatori furono Giuseppe Cardinali e Nicola Rosati di Cantiano, con la “sigurtà solidale“ di Pier Luigi Cenciatti, che ipotecò un suo podere per garantire il Comune. L’appalto per la ricostruzione fu di 1.133 scudi romani e 93 bajocchi. La somma era di tutto rispetto, il capomastro muratore percepiva 35 bajocchi al giorno, un manovale 20, il carpentiere 40, un vetturino con due cavalli da basto per i trasporti 60, un bifolco con un paio di bovi alla treggia 55.Il 27 giugno 1844 gli appaltatori dichiarano di aver ricevuta la consegna dei lavori per la ricostruzione del ponte. Stando ai documenti il ponte non è di epoca medievale, ma rimane pur sempre un simbolo di Apecchio".