
di Tiziana Petrelli
"Difficile non incuriosirsi e non cedere alla tentazione di capirci qualcosa di più nel rapporto allora in atto tra Sigismondo Malatesta, il potente ‘Signore della città di Fano’ e questo pittore fanese, Giovanni Bettini, di cui non si sa quasi nulla della statura artistica se non che trovò comunque spazio e fama, davvero singolare, come figura di ‘miniatore’ per un poema epico quattrocentesco in lingua latina ispirato al ‘miglior perdente della storia’, come Ezra Pound, suo grandissimo ammiratore, ebbe modo di definire Sigismondo". Così ha spiegato le ragioni della sua nuova fatica letteraria il fanese Dante Piermattei, che a 81 anni di età non si è ancora stancato di andare alla ricerca di curiosità culturali che riguardano la storia della nostra città.
Sarà presentato venerdì prossimo alle 17.30 nella sala di rappresentanza della Fondazione Carifano che lo ha editato, il libro "Giovanni Bettini da Fano e l’hesperis per Sigismondo". "La stima e la considerazione che Sigismondo nutrì per Giovanni da Fano sono testimoniate da un fatto esemplare - racconta Piermattei -: nel settembre 1463, due settimane prima di perdere Fano, raccomanda agli Ufficiali fanesi di esonerare Bartolo dagli oneri personali e reali perché padre del maestro Giohanne de Fano depentore quale operò qui alcuni servicii, e verso il quale dichiara di dover usare un certo riguardo e contemplacione [condiscendenza]".
Da quella curiosità iniziale ha preso corso il lavoro di Piermattei che tenta di aprire, con taglio divulgativo, un cono di luce, per la verità ancora troppo fioco, su Giovanni da Fano e sull’"Hesperis", appunto il lungo componimento poetico dell’umanista Basinio da Parma che, nel solco dei più celebri antichi poemi epici greci e latini, eleva il Malatesta a gloria imperitura. "Ma al di là del racconto in versi - prosegue Piermattei, che lo ha inserito nel libro nella sua stesura manoscritta latina originale, mentre temi dell’intera cantica si leggono sunteggiati in rapido compendio italiano -, sono le tavole illustrate da Giovanni a spadroneggiare e portarci in una sorta di ’fiction’ visionaria con la loro meticolosa descrittività degli scontri armati, dei paesaggi campestri e urbani, delle milizie equestri e appiedate. Poi c’è il gioiello della fantasmagoria per immagini della catàbasi sigismondea, la visita al mondo dell’oltretomba, che il nuovo eroe riminofanese compie, dopo un avventuroso viaggio per mare con paradigmatico naufragio, all’isola Fortunata, il favoloso luogo abitato dalle ninfe Esperidi".
E ancora: la definitiva toscana sconfitta degli Aragonesi barbari invasori, il ritorno di "Gismondo" in patria e l’inizio dei lavori per la votiva costruzione del Tempio di Rimini, tavola nel cui piede può leggersi, quasi un’iscrizione lapidaria, "Joanis pictoris phanestris". "Insomma tutta una sequenza grafica delineata con tratto sereno e cromie senza indulgenze al dramma - conclude Piermattei -, ma trattate con mano leggiadra, quasi parente alla lontana di modalità schiette, ingenue e istintive, se si vuole garbatamente naïf".
Per Giorgio Gragnola, il presidente della Fondazione Carifano che lo ha editato, questo libro che ha il sapore di una favola, "ma favola non è - sottolinea -, anzi si deve dire piuttosto che esso rappresenta un brano significativo del nostro vissuto lontano di oltre cinque secoli fa. Sono infatti pochi a sapere che a Fano, allora malatestiana, viveva un pittore di nome Giovanni Bettini, e ancora meno quelli a cui è noto come gli toccasse il compito di illustrare il codice miniato destinato a cantare le gesta e la gloria di Sigismondo Malatesta. Naturalmente un manoscritto riservato ai potenti. Ma a me piace pensarlo anche come sarebbe stato se a raccontarne le vicende fossero stati i cantastorie per le piazze e le vie della città tanto da farle entrare ad essere parte del bagaglio spirituale, mitologico e culturale collettivo della comunità".