"Io, senza paura tra i migranti"

Dopo il prete ucciso a Como, parla don Alessandro Messina, direttore dell’Ufficio diocesano

Migration

di Anna Marchetti

Accoglie i migranti nella canonica di Saltara, altrimenti disabitata, e in due appartamenti a Cartoceto. Aiuta chi ne ha bisogno: famiglie e giovani, quasi tutti provenienti dall’Africa Subshariana. Si chiama don Alessandro Messina, è originario della Sicilia, ma da trent’anni opera in questa diocesi, è parroco di Cartoceto e Saltara ed è direttore dell’Ufficio pastorale per Migranti e Itineranti della Diocesi di Fano. "Cosa faccio? Aiuto i migranti a raggiungere autonomia e indipendenza. Alcuni, pur con i documenti, si ritrovano dall’oggi al domani in mezzo alla strada, privi di qualsiasi protezione da parte dello Stato. Io li accompagno nell’affrontare questo percorso e a superare gli ostacoli burocratici, spesso complicati anche per noi italiani. Per una mamma con due bambini piccoli può essere difficile perfino presentarsi all’Ufficio stranieri della Questura per rinnovare i documenti".

Don Alessandro, i migranti come vengono in contatto con lei?

"Il passaparola è essenziale, ma un modo per incontrarli sono i corsi di italiano che organizziamo come ufficio Migrantes".

Quali sono i Paesi di provenienza?

"Soprattutto Gambia e Nigeria, ma abbiamo anche un pakistano, sono musulmani e cristiani. In questo momento stiamo ospitando una decina di persone: una famiglia con due bambini piccoli e alcuni giovani arrivati con i barconi. Si tratta di giovani che hanno vissuto traumi terribili, dalle torture ad inimmaginabili pressioni psicologiche".

Quali sono stati i suoi sentimenti alla notizia dell’uccisione di don Roberto Malgesini, il prete ucciso a Como da un migrante che conosceva e aiutava?

"Ovviamente sono azioni che non si giustificano, ma tra i tanti migranti che subiscono violenze fisiche e psicologiche ci può essere qualcuno che manifesta degli squilibri".

Nella sua esperienza ha mai avuto paura?

"Purtroppo la violenza può capitare in qualunque rapporto umano, pensi alle donne uccise dai mariti. Quello che mi sento di dire è che quando si fa un tratto di strada con chi è in difficoltà si capisce quanto noi italiani siamo fortunati e si impara a lamentarsi di meno. Ci terrei che questo lo scrivesse: nonostante le difficoltà che siamo chiamati ad affrontare, la nostra vita è un paradiso terrestre rispetto a quella di molti migranti".

La sua opera di accoglienza dei migranti com’è vissuta dai cittadini delle comunità (Cartoceto e Saltara) di cui è parroco?

"Io lavoro con l’appoggio della comunità ecclesiale, della chiesa, della Caritas, non ho mai chiesto contributi economici a enti pubblici. Spesso ho trovato maggiore collaborazione da parte dei non credenti piuttosto che dai cristiani che, a volte, hanno comportamenti contrari al Vangelo: questo Papa Francesco lo dice spesso".

Insomma, può contare o no sull’aiuto dei cittadini?

"All’inizio forse qualcuno non ha accolto molto bene l’apertura della canonica ai migranti. Come ogni volta che si fa una scelta c’è chi condivide e si mette in moto per dare una mano nell’integrazione e chi, invece, rimane contrario".

Nella Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra domenica 27 settembre, l’Ufficio Migrantes diretto da don Alessandro ha organizzato (tensostruttura del Lido, ore 17.45) un appuntamento in "Memoria delle vittime dell’immigrazione" con lo spettacolo teatrale "Gli Dei di Lampedusa" della Nuova Accademia degli Arrischianti e la la testimonianza dell’Arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro.