LUIGI LUMINATI
Cronaca

Jan Tadeusz, un liberatore come tanti

La storia del polacco Sadlowski arrivato nella Seconda Guerra Mondiale nel libro di Michele Giampietro

Jan Tadeusz, un liberatore come tanti

Jan Tadeusz, un liberatore come tanti

Quella di Jan Tadeusz Sadlowski è davvero un’odissea senza ritorno. La sua storia comincia a Leopoli, sua città natale e capitale della provincia di Galizia, quando, nel 1939, la nazione polacca, libera ed indipendente, divenne l’agnello sacrificale del patto Ribbentrop-Molotov che prevedeva la sua spartizione tra nazisti ad ovest e sovietici ad est. Quando a settembre fu invasa, la Polonia si trovò tra due fuochi: centinaia di migliaia di polacchi, civili, soldati, donne e bambini, a seconda dei territori in cui erano o si erano riparati, furono dai nazisti e dai sovietici per anni imprigionati, deportati; morirono per freddo, fame, malattie, lavori forzati. Chi ebbe la fortuna di sottrarsi a tutto ciò e a scappare per combattere, rischiò la vita in tante battaglie in Europa ed in Italia.

La storia di Jan Tadeusz è raccontata nel volume “Soldati polacchi in Italia“ di Michele Giampietro (Edup edizioni), che sarà presentato sabato mattina alle 10,20 al Liceo Scientifico e Coreutico “Marconi“ di Pesaro dall’autore insieme a Marta Marchetti, curatrice del Museo Churchill di Montemaggiore al Metauro e a don Silvano Bracci.

"Jan Tadeusz, membro di una famiglia agiata di professionisti e lui stesso ingegnere agrario, allora era amministratore di una proprietà di famiglia a Szeptyce, a settanta chilometri da Leopoli, nonchè ufficiale della riserva – scrive Michele Giampaolo –, viveva come migliaia di altri cittadini della Polonia, costantemente sotto le mire di annessione da parte delle nazioni limitrofe. Per la sua famiglia il prezzo umano e sociale da pagare fu subito alto: la madre e la sorella maggiore con i suoi tre figli furono deportati in un Gulag sovietico. Jan Tadeusz scappò invece da Szeptyce e, dopo un anno di internamento in Ungheria, riuscì a raggiungere la Francia. Quando questa venne invasa dai nazisti, tutti i polacchi raggiunsero la Gran Bretagna. Nel frattempo il generale polacco Anders, imprigionato a Mosca, divenne un interlocutore ufficiale per organizzare i militari internati e schierarli sul territorio russo". Fu solo il coraggio e la perseveranza di Anders nei confronti di Stalin a consentire di creare un Corpo d’Armata polacco che operasse al fianco dell’8ª Armata britannica in Italia. Quell’obiettivo che sembrava impossibile fu raggiunto tra la fine del 1943 e i primi mesi del 1944. L’Armata polacca sbarcò a Taranto, diventando subito operativa per risalire la costa adriatica.

"La biografia di Jan Tadeusz segue le vicende italiane del 2° Corpo polacco ed in particolare le varie battaglie della 5ª Divisione Kresowa in cui era inquadrato come tenente di artiglieria, dalla conquista di Montecassino alla liberazione delle varie cittadine marchigiane, come Ancona, Fano, Pesaro ed infine Bologna, dove il 2° Corpo d’Armata entrò per primo. Lungo la nostra penisola, molti cimiteri di caduti polacchi ci segnalano ancora il loro cammino lungo lo stivale. Nel 1945 terminata la guerra Jan Tadeusz, approdò a San Giorgio di Pesaro dove aveva sposato una ragazza del paese. Molti decisero di emigrare. Jan Tadeusz e sua moglie scelsero l’Argentina, dove molti altri polacchi si erano già trasferiti e che sembrava offrire lavoro e opportunità. Jan Tadeusz riuscì a trovare lavoro – scrive Michele Giampietro – ma non la soddisfazione che cercava. Così, pochi anni dopo, per nostalgia e per ritrovare radici più familiari, la famiglia decise di fare ritorno a San Giorgio di Pesaro, accettando Jan Tadeusz, di essere un’apolide per il diritto italiano. Visse nella casa dei genitori della moglie, colpita proprio da un proiettile di artiglieria polacca. Qui si adattò a vivere gestendo alcuni terreni di famiglia e facendo lavori occasionali".

L’Italia non offriva nulla a quei soldati, liberatori e vincitori. Nonostante tutto, riuscì a mantenere intatta la propria dignità e rimanere fedele ai suoi ideali accettando la sorte di chi, per quelli, è disposto a rischiare la vita e subirne le conseguenze. "Tutti i militari polacchi, senza eccezioni, e lo stesso Jan Tadeusz, si dissociavano dalla parola eroe. Mai un sentimento di vanagloria per il coraggio avuto e per le cose fatte. Anzi, pensavano – conclude l’autore – che fosse loro dovere farle, nonostante i rischi. Sarebbe quindi un gesto di gratitudine, quando si parla della liberazione italiana dal nazifascismo, ricordare il loro sacrificio di aver rischiato la vita in Italia".

Le vicende narrate in questa biografia di Jan Tadeusz Sadlowski, da Leopoli a San Giorgio di Pesaro, sono un’infinitesima parte di ciò che è realmente accaduto dopo il settembre 1939 a centinaia di migliaia di polacchi. Parlare dei polacchi venuti in Italia a combattere "per la loro e la nostra libertà", ed emblematicamente di Jan Tadeusz, è solo un parziale recupero di un pezzo importante della nostra memoria storica della Guerra Mondiale sui fronti italiani. I polacchi che si riconoscevano nel Governo in esilio, nonostante le tragedie subìte in patria e le rivelazioni nel 1943 sugli eccidi di migliaia di ufficiali polacchi perpetrati a Katyn dai sovietici, scesero in guerra al fianco degli alleati in tutta Europa e nel 1944, grazie al prestigio e alla fiducia riposta nel generale Anders comandante del 2° Corpo d’Armata. Vennero in Italia a combattere per la nostra liberazione, lasciando lungo la penisola molti cimiteri di loro caduti.

Al termine del conflitto bellico, i moltissimi polacchi combattenti in Italia e soprattutto quelli provenienti dalle sue province orientali, come Jan Tadeusz, cui fu rivolto l’invito di "tornare a casa", si rifiutarono di rientrare in una Polonia o in Ucraina. Divenuti, man mano che il tempo passava, un "peso politico", furono prima orientati e poi via via costretti a lasciare l’Italia. Cominciò così la loro diaspora nel mondo. Una volta smobilitati, molti di loro presero la decisione di emigrare. Jan Tadeusz e sua moglie decisero di ritornare a San Giorgio di Pesaro. La odissea di Tadeusz, cominciata a Leopoli finiva in Italia, in un piccolo paesino dell’entroterra di Fano.