di Riccardo Paolo Uguccioni
La Carboneria è importante nella fase iniziale del Risorgimento italiano, e una vasta associazione settaria è esistita anche a Pesaro e provincia. Ma chi vi aderiva e con quali finalità? O meglio: è esistita davvero o èla Carboneria stata uno schermo massonico, una sorta di Massoneria semplificata per l’"infimo volgo"?
Nella notte sull’11 giugno 1825 per ordine di Roma scatta in Pesaro un’ondata di arresti per sedizione e associazione settaria. Gli arrestati – Francesco Perfetti, Giulio Leonardi, Antonio Bianchi, Saverio Artazù, Gaetano Togni, ecc. – sono collocati "in segreta" (cioè in isolamento) nelle carceri di palazzo e nella rocca. Seguono altri arresti anche a Fano, Fossombrone, Cagli, Urbino, Macerata Feltria, eccetera, dove è largamente diffusa una associazione segreta che chiama sé stessa "società carbonica" (carbonaro è il membro della consorteria, carbonico è l’aggettivo corrispondente).
Cosa chiedono i suoi adepti? Libertà e statuto. Traduciamo: si vuole che gli Stati italiani, che sono retti da proprie dinastie (solo nel Regno lombardo-veneto il re è l’imperatore d’Austria), temperino l’assolutismo con statuti. È una pretesa ancora lontana dall’organicità rivoluzionaria del programma mazziniano – unità nazionale e repubblica – che sarà enunciato fra qualche anno.
L’unificazione della Penisola è ancora oltre l’orizzonte, anche se qualche arrestato ha in mente è il "bello italo regno" di Napoleone, che si è spento una dozzina d’anni prima. Insomma, il programma politico dei carbonari è limitato e confuso, probabilmente si accontenterebbero di uno statuto octroyé. Seguiamo un racconto.
A Gaetano Togni, 32 anni, geometra, arrestato a Sant’Angelo in Lizzola dove era impegnato in stime censuarie, l’inquirente chiede perché sia in carcere (allora funzionava così). Forse per essersi "incautamente ascritto alla società dei carbonari sotto la vendita del così detto reggente Leonardi", ammette l’imputato. Il quale racconta di essere stato tempo prima introdotto nella setta dal predetto Leonardi, il quale assieme ad Antonio Bianchi una sera lo ha condotto a cena in una casa dietro il duomo, in via della Canonica, dove si poteva fare un po’ di chiasso senza infastidire i vicini. Partecipano diverse persone.
Lì d’improvviso lo bendano, poi bussano a una porta, poi sente questo dialogo: "Gran centurione, si batte dal profano", "Maestro primo reggitore, domandate chi sia quel profano che viene a disturbare i nostri pacifici travagli", "E’ un pagano smarrito nella nostra foresta che chiede di far parte della nostra società".
Lo introducono in una stanza dove Giulio Leonardi – ne riconosce la voce – gli domanda chi gli abbia ispirato tanto ardire, alle spalle gli suggeriscono di dire "La mia volontà", ma siccome esita rispondono per lui. Allora il Leonardi ordina che lo portino a fare dei "viaggi": sostenendolo perché non inciampi gli fanno attraversare i cespugli dell’orto, poi di nuovo in casa e in ginocchio gli fanno giurare fedeltà e segretezza, o sarebbe stato ucciso, il corpo bruciato, le ceneri disperse, ecc.
A quel punto lo rialzano e qualcuno alle sue spalle dichiara che il profano domanda la luce: "Gli sia concessa", ordina il Leonardi, e allora lo sbendano. Una ventina di persone tengono i pugnali rivolti verso di lui: se non sarà leale e riservato, gli dicono, quelle armi lo colpiranno. Viene a quel punto "battezzato": in ginocchio, lo toccano sulla testa con un ferro su cui con altro ferro battono dei colpi lievi mentre il Leonardi dichiara: "In nome del redentore dell’universo e per i poteri a me concessi ti battezzo e ti costituisco fratello del dovere".
Un rituale, come si vede, rozzamente massonico, che tante volte si ripeterà nelle stanze appartate di locande e osterie, a Pesaro e in altre cittadine. Ma il Togni per ora è un "fratello del dovere", carbonaro lo diventerà più tardi.
(1ª puntata - segue)