La disputa millenaria sul confine reale tra Pesaro e Rimini

Campanilismi medievali, ma accesi nel Secolo dei Lumi. Nel XVIII secolo si avviò una forte polemica tra gli eruditi della città di Pesaro e gli eruditi della città di Rimini. L’oggetto? Il confine. Dove cadeva il confine tra le città di Pisaurum e di Ariminum in età romana? Dove cadeva nel Medioevo?

La problematica, in realtà, era molto più ampia poiché celava un’altra questione: dove si troverebbe il confine tra la Romagna e le Marche? Chi prese in mano la faccenda fu Annibale degli Abbati Olivieri Giordani erudito e cavaliere pesarese, archeologo per passione, letterato di chiara fama e “fondatore“ della biblioteca (e del museo) che porta il suo nome: l’Oliveriano.

In poche parole, dalla parte di Rimini si diceva che il confine, nel Medioevo, giungesse alla sponda sinistra del fiume Foglia e ciò per la mala interpretazione di un documento storico. Olivieri nella sua opera “Memorie di Gradara, terra del contado di Pesaro“ con sane argomentazioni placa la “voracità“ territoriale riminese e smentisce la bislacca ipotesi: nel Medioevo il confine era il fiume Tavollo, come oggi.

E in età romana? In età romana, incredibilmente la questione si capovolge. Il confine tra il territorium delle due città era il fiume Conca (il Crustumium). Sì, il territorium di Pisaurum giungeva sino al Conca, scavalcando il Tavollo. Come era possibile? In età romana il Tavollo non trovava una propria foce in mare, ma era un affluente di destra del fiume “Ventena - Conca“, pertanto l’ager di Pisaurum si proiettava un poco più a nord dell’attuale. Potremmo recriminare Cattolica che, però, fu fondata dagli abitanti dei castelli pesaresi di Ligabicci (Gabicce Monte), Gaiola (Casteldimezzo) e Granarola nel 1271 che volevano sottrarsi al controllo del comune di Pesaro per entrare in quello di Rimini! Acquisizione non riuscita.

(puntata 242)

Daniele Sacco