"Vengo da 20 anni di tossidipendenza. Conosco l’ambiente. Sono fuori: la mia speranza è di poter aiutare gli altri ad uscirne, a fermarsi in tempo". Alessandro Giardini, 45 anni, rampollo di una famiglia benestante, è riuscito a liberarsi dalla dipendenza con grande determinazione, nonostante le tante difficoltà. "Ce l’ho fatta e la mia testimonianza serve proprio a questo – osserva –: la mia esperienza deve essere al servizio degli altri perché abbandonino il contesto pericolosissimo della tossicodipendenza". Il primo passo Giardini l’ha fatto fondando un’associazione no profit, Prevaction, impegnata nella prevenzione al consumo di droghe e nella lotta allo spaccio.
"Domani, dalle 12 alle 14,30, al Parco Miralfiore l’associazione terrà una manifestazione pubblica – spiega Giardini – per presentare questa nuova realtà a disposizione della città. Sono molte le autorità che hanno confermato la loro presenza. Spiegheremo pubblicamente anche gli obiettivi che con l’associazione ci prefiggiamo di raggiungere. Il 29 settembre di ogni anno sarà l’occasione per fare il punto insieme a Prevaction sulle sinergie attivate". Il 29 settembre non è una data a caso.
"No. E’ una data a me molto cara perché legata alla nascita di mio nonno Osvaldo, una persona fondamentale nella mia vita". Quando Giardini racconta il suo passato, non dimentica di raccontare la radice della fragilità che lo espose alla droga. "Capire è molto importante. Mi ci sono voluti molti anni e tanti tentativi per afferrare cosa mi fece cadere nella trappola della droga. Iniziai e anche precocemente: fu nel ‘92, avevo tra i 13 anni e i 14. Denaro, affetto di amici e familiari non mi mancavano. Ho sempre avuto i soldi per pagare, la droga, non ho mai dovuto spacciare. Per anni, fuori e dentro le comunità, mi sono sentito chiedere perché avessi iniziato: a ben guardare avevo tutto - dice -. Ebbene per lungo tempo non ho saputo rispondere a quella domanda, semplice ma per nulla scontata. Il mio riscatto è partito, nel 2005 con Andrea Muccioli a San Patrignano. Quando, consumato dalla droga ero arrivato a 38 chili e davanti a me, la strada che avevo, era senza ritorno; grazie al Sert dell’azienda sanitaria di Pesaro sono sopravvissuto a me stesso".
La svolta di Giardini c’è stata durante il percorso ambulatoriale stabilito dal Dipartimento prevenzione dipendenze patologiche che ha previsto colloqui con psichiatri e psicologi. Aiutato da una struttura, quella del dipartimento dipendenze patologiche dell’Ast, che Giardini elogia senza riserve, finalmente ha capito cosa gli fosse accaduto: "Dalla sincerità con me stesso è emersa la mia verità – dice –. Sono cresciuto con i miei nonni perché i miei genitori mi hanno avuto che erano giovanissimi. A 14 anni, mio nonno Osvaldo, il mio riferimento, è morto: è lì che ho sbandato. Ho imparato a mascherare Il vuoto che sentivo dentro di me facendo il duro, lo spavaldo. Mio nonno mi aveva fatto sentire una persona speciale. Quando andavo a trovarlo nella sua azienda, per me smetteva addirittura di lavorare. Mi sentivo importante davanti ai suoi occhi e senza di lui mi sono perso. Ecco: capirlo mi ha fatto trovare le energie necessarie a riprendermi. La missione di Prevaction è dedicata alla memoria di mio nonno Osvaldo".
Il resto della storia di Giardini ricalca le testimonianze di tante persone che hanno vissuto dentro il baratro: " La cocaina mi ha allontanato da tutti, perché è vero che non ascolti nessuno. Nell’ambiente della droga non esistono rapporti umani. Per gli spacciatori sei solo uno da mungere". Secondo l’esperienza di Giardini un cocainomane, oggi ha bisogno di 350 euro a settimana. Ed è facile, in momenti di astinenza esporsi a pericoli seri. "Quando mio padre scoprì cosa facessi con i soldi smise di darmeli – osserva –. Per procurarmi un po’ di eroina arrivai in Pineta, luogo di spaccio del ravennate. Parcheggiai il mio Bmw, senza un soldo in tasca con l’intenzione di rubare allo spacciatore. Avevo 22 anni. Lo feci: ricordo ancora molto bene gli spari di una pistola che mancarono me e bucarono la lamiera della mia auto mentre fuggivo con il cuore impazzito dalla paura. I due amici veri che ho sono quelli che, erano lì, ad aspettarmi quando sono uscito da San Patrignano. In questi anni di risalita ho trovato tante persone che mi hanno dato fiducia. Oggi c’è anche la voce dell’arcivescovo, don Sandro Salvucci ad accompagnarmi in questo percorso di aiuto agli altri".
Solidea Vitali Rosati