Casadei
Trovarsi a Fano di fronte all’ingresso della imponente Rocca Malatestiana quando le mura dell’antica fortezza, fatta erigere da Sigismondo Malatesta, accoglie un manifesto invitante, troppo piccolo, in verità, per la meraviglia che nasconde. Il suo compito è quello di annunciare “Memorie sintetiche“ l’ultima mostra di Carlo Fusca nato a Bari nel 1952, di lui hanno scritto i più importanti critici italiani. Sono in pochi, forse, a ricordare una mostra delle sue opere nel 2007 a Pesaro, con il coordinamento di Walter Stafoggia. Oggi il suo lavoro, nuovamente in terra marchigiana, a confermare il valore di un linguaggio che si nutre di classicità e tradizione, per una originale formula artistica in grado di integrare aspetti di sorprendente modernità. E’ il percorso della mostra, curata da Luciana Cataldo, a restituirci la profondità, il messaggio e la capacità tecnica di Fusca che, dopo gli studi all’Istituto d’arte e la fascinazione dell’incontro con la Flagellazione di Caravaggio, restaura opere dei grandi maestri della scuola veneta e napoletana del ‘600 e ‘700. Una attività, lunga un decennio, che gli ha permesso di entrare in confidenza con le regole di una pittura che non fa sconti. Di impadronirsi di capacità tecniche superlative per abbracciare alcuni aspetti della cosiddetta Pittura Colta, nell’ottica di un rigore stilistico che negli anni Ottanta intende contrapporsi alle regole della Transavanguardia.
Il percorso espositivo contempla fasi diverse testimoniate da una formula stilistica che riflette, ogni volta, la profondità intellettuale dell’autore e la sua sensibilità attraverso dipinti alimentati da una figurazione che attinge al passato. Che si modifica per avvicinarsi all’astrazione e, di nuovo, si ricompone attraverso una complessa figurazione. Il gesto sicuro, il tratto nero che conferisce profondità e suggestione alle immagini, la capacità di riunire stili e riferimenti della tradizione con elementi della contemporaneità, come le sovrapposizioni di pagine di libri in un dinamismo che ha il sapore di una enfasi onirica, sono aspetti mirabili del suo lavoro. La reiterazione di stilemi e caratteri, come i drappeggi delle figure femminili che hanno i nomi di grandi eroine del passato, Medea e Andromaca, riflettono l’identità di personaggi femminili avvolti nella dimensione della memoria e sembrano conservare l’eco di storie, il volto di un passato che si riflette sul presente. Così l’opera a tecnica mista intitolata Codice dei disegni ritrovati diviene una sorta di biblioteca della memoria svelata da un materico drappo laterale. Il traliccio compositivo di grandi tele come Il libro dei ricordi diviene la metafora di un complessità in cui alberga la meraviglia, la bellezza di un passato che è quello della Storia e della Storia dell’Arte, di un’arte che, talora, cerca se stessa. E’ la memoria di ciò che siamo stati per essere quello che siamo. Opere come report di viaggio attraverso la conoscenza e un sentire profondo, non a caso un’altra opera ha Cronistorie come titolo.
Un viaggio che Fusca ha fatto dentro se stesso con l’empatia e la consapevolezza di vivere un presente intriso di angoscia, come sarà lui stesso a dirci. Quando l’opera La filosofia Sopravvive alla Storia ci appare come un riscatto a sottolineare la ricchezza intellettuale umana al di là di tutto. Un video, a corredo della mostra, con la voce di Irene Papas che recita il cantico dei cantici come messaggio d’amore che supera la morte, rafforza il messaggio di una pittura che testimonia il ciclo incessante della vita. E’ l’eco profondo di un divenire in cui il linguaggio dell’arte assume un ruolo fondamentale nella esistenza umana.
Orari: tutti i giorni fino all’8 settembre; dalle 18,30 alle 22.
Ingresso libero