
Stavolta ha vinto la precaria
Oltre dieci anni di precariato, più di cinquanta proroghe di contratti a tempo determinato (anche della durata di due sole settimane), di cui 35 solo negli ultimi cinque anni. Ora però, N.A., operaia di 43 anni, che lavora in una azienda metalmeccanica della nostra provincia, ha visto riconosciuti i suoi diritti di lavoratrice, visto che i giudici hanno ordinato all’azienda la stabilizzazione con contratto a tempo indeterminato e un risarcimento pari a dieci mensilità. La sentenza definitiva è arrivata lo scorso 15 maggio dalla Corte d’Appello di Ancona, che ha confermato quanto già stabilito in primo grado dal Tribunale del Lavoro di Pesaro a maggio 2024. Una battaglia giudiziaria iniziata nel 2022 per la lavoratrice, sostenuta dall’ufficio legale della Uil Marche ed assistita dall’avvocata Alessandra Khadem. L’operaia era entrata per la prima volta in azienda nel 2004 ma dopo nuove esperienze in altre realtà lavorative era tornata nel 2011. Da lì, dieci anni di contratti su contratti fino alla scelta di rivolgersi ai giudici, che ora hanno accertato come l’andamento altalenante degli ordinativi, non rappresentasse circostanze eccezionali da giustificare il ricorso a un numero così eccessivo di contratti a tempo determinato.
"Per me è stato gratificante – dice N.A. – ma avrei preferito non arrivare a questo punto, perché queste forme di precariato non dovrebbero esistere per il rispetto della dignità dei lavoratori. Io ho iniziato a lavorare a 14 anni e nella mia vita mi sono capitati anche contratti di impiego di un giorno, di tre giorni". Poi è approdata nell’azienda metalmeccanica dove dopo oltre 50 proroghe ora è stata stabilizzata. "Sicuramente non è stato facile – dice – ma a me piace questa tipologia di lavoro, mi trovo bene in azienda". In questi anni la lavoratrice ha avuto anche due bambini: "Ho atteso per averli vista la mia precarietà – dice – ma poi mi sono detta perché devo rinunciare? Così ho avuto due gravidanze e in quel periodo i contratti si sono interrotti. Siccome avevo bisogno di rientrare al lavoro, sono tornata che i bimbi avevano tre mesi, rinunciando ai permessi per l’allattamento. Con contratti così precari, che non sai fino a quando avrai un lavoro, sono tante le rinunce da fare. Quando mi sono sposata siamo andati in viaggio di nozze vicino a casa anche perché potevano richiamarmi al lavoro da un momento all’altro. Anche la vita sociale viene limitata ed anche le tutele in caso di malattia vengono a meno".
A legittimare formalmente questa situazione di continue proroghe di contratto è stato anche un accordo sindacale aziendale a cui la Uilm non ha mai aderito, giudicato in sede legale in contrasto con la normativa europea sulle tutele contro l’abuso dei contratti a termine. "Purtroppo ci sono imprenditori che pensano al lavoratore come a un moderno schiavo – dice Paolo Rossini, segretario provinciale Uilm – e quindi puntano su una precarietà che si protrae all’infinito". Soddisfatta l’avvocato Khadem, "perché è stata pienamente accolta la tesi legale sostenuta e per aver tutelato i diritti di una lavoratrice madre, che ha avuto il coraggio di agire in giudizio per rivendicare i propri diritti".
Alice Muri