di Lorenzo
Bavaj
Terzo titolo del Rof 2024: ’Ermione’, venerdì 9 agosto, Vitrifrigo Arena. Opera composta da Rossini per il San Carlo di Napoli andata in scena il 27 marzo 1819, fu bocciata dal pubblico e dopo poche repliche cadde nel dimenticatoio sino alla riproposta del Rof in tempi moderni. Le possibili cause dell’insuccesso sono ben esplicitate da Saverio Lamacchia nel libretto di sala, ma nulla tolgono alla bella e stimolante musica – ai tempi ritenuta quasi sperimentale – di cui l’opera è piena. La messa in scena affidata al regista Johannes Erath è l’ennesima trasposizione in tempi ’moderni’ del dramma di Jean Racine che dà vita al libretto di Ermione scritto da Andrea Leone Tottola. E’ vero che è un dramma senza tempo quello dell’amore non corrisposto, della vendetta, dell’ira ma trasformare i personaggi della storia antica in dark queen e in cloni di Freddie Mercury è un po’ troppo. Pazienza. Veniamo alla parte musicale, di certo la più riuscita: Anastasia Bartoli, già apprezzatissima come Cristina in “Eduardo e Cristina”, ma anche nel recital accompagnata dalla mamma Cecilia Gasdia, ha dato la voce a Ermione: voce bellissima, uniforme in tutta la tessitura e così potente da riempire l’arena in tutti i suoi spazi. Il fraseggio, la cura delle dinamiche e in generale la qualità della Bartoli la pongono tra i migliori soprano del momento. Una voce che può affrontare un vastissimo repertorio con un colore ’verdiano’ che avevamo dimenticato.
L’altro atteso protagonista Juan Diego Flòrez (direttore artistico del Rof) nei panni di Oreste: una classe nel canto inarrivabile e non scalfita minimamente dal trascorrere degli anni. Voce sicura, intonata dal fraseggio morbido ed elegante da autentico fuoriclasse. Enea Scala – tenore siciliano dalle molte presenze al Rof – alle prese con Pirro: una delle parti tenorili più complicate e faticose di tutto il repertorio rossiniano. Difficile per le agilità, per i passaggi repentini tra i bassi e gli acuti, per la lunghezza della parte e per tanti altri motivi. Se la cava bene alla luce di queste difficoltà; di certo la qualità della voce e dell’emissione non è quella di Flòrez. Neutra la prova del mezzosoprano russo Victoria Yarovaya che canta senza troppa convinzione ed emoziona poco: tutto corretto ma nulla più. Buone le prestazioni di Antonio Mandrillo (Pilade), Michael Mofidian (Fenicio), Martiniana Antonie (Cleone), Paola Leguizamòn (Cefisa) e Tianxuefei Sun (Attalo).
Un merito particolare al direttore Michele Mariotti che si conferma tra i migliori direttori del momento e conferisce all’intera esecuzione un’energia magnifica e una tensione emotiva che ci accompagna sino al termine dell’opera, coadiuvato dall’Orchestra Rai di Torino che finalmente esprime la sua potenza di fuoco. Il coro del Teatro Ventidio Basso istruito da Giovanni Farina completa il successo della serata. Applausi a tutti i protagonisti e qualche timido dissenso verso la regia, ma oggi contestare in teatro non è politicamente corretto. Repliche il 13, 17, 20 agosto.