La crescita delle spese non è l’unico fattore che preoccupa Ami, anzi. A mettere pressione è anche la data del 2026, in cui, pare ormai inevitabile, si terrà la gara per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico. "Di recente abbiamo aumentato le nostre certificazioni, aggiungendo a quelle di sicurezza, qualità e sociale quelle per anticorruzione e parità di genere e progettiamo di prenderne altre – spiega il presidente Lara Ottaviani –. Sembrano cose marginali, ma sono tutti elementi che ci serviranno per dare via alla maratona verso il 2026. Lì, si rimetterà tutto in gioco e dovremo presentarci al meglio per riconquistare ciò che gestiamo oggi: sarà opportuno e fruttuoso per tutti tenere a mente tale data".
Secondo Giorgio Londei, che di Ami fu presidente, il modo giusto per prepararsi è "rinsaldare l’alleanza tra enti pubblici e soggetti privati che partecipano all’azienda, per tenere in piedi una struttura che trasporta milioni di persone. Nel 2026, Ami e Adriabus potrebbero non esserci più, dopo la gara: so che in Europa c’è già chi si sta preparando anche nei loro confronti. Dei privati non parliamo mai, ma loro conoscono i trasporti e come funzioni il sistema, per questo potranno essere decisivi per superare lo scoglio". Lo stesso sindaco, Maurizio Gambini, sostiene che i privati vadano coinvolti, "non sono il demonio", ma anche che la data del 2026 lo preoccupi non solo per i trasporti: "In seguito andranno a gara tutti i servizi e il rischio è di non arrivare preparati. Per essere competitivi dobbiamo rafforzare le nostre società, la polverizzazione delle aziende non aiuta. In merito ai trasporti, l’attenzione che Ami pone verso ogni aspetto è un elemento di serenità, ma trasferimenti così bassi dello Stato sono inaccettabili. C’è urgenza di parlare con Roma, deve essere la preoccupazione di tutti i sindaci".
n. p.