La siccità riduce allo stremo gli allevamenti

Il settore lancia un grido d’allarme: "Per la prima volta nella storia rischiamo di dover riportare il bestiame a valle per mancanza d’acqua"

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di Andrea Angelini

La siccità e il caldo avanzano ed il problema non è solo per l’uomo o per l’agricoltura ma anche l’allevamento è in sofferenza. Tanti di quei prodotti di eccellenza, carni e formaggi su tutti, che raccontiamo come vetrina del territorio sono ora a fare i conti con la crisi idrica e col termometro impazzito.

Già si vedono le prime autobotti girare ma in alcuni casi sembra che la saggezza contadina abbia anticipato quella rete di laghi per l’accumulo di acqua che alcuni propongono come alternativa ai grandi invasi.

L’azienda agricola Luzi a Sant’Angelo in Vado ha 800 capi tra bovini e suini: "Qualche anno fa abbiamo avuto l’intuizione di realizzare un lago all’interno dell’azienda -spiega Giannalberto Luzi-. Tutta la pioggia che cade sui tetti dei nostri capannoni confluisce tramite un sistema di tubature in questo bacino che diventa così la nostra scorta per l’estate.

Riusciamo a non disperdere la pioggia che ormai è sempre più rara e importante e in questo modo anche un piccolo temporale estivo va a rimpinguare il nostro lago e diventa per noi preziosa acqua per il bestiame".

Nell’entroterra di Urbino però si vedono già le prime autobotti, come a Monte Nerone dove l’azienda agricola Mochi ha 130 bovini in altura: "Potrebbe verificarsi una vera e propria transumanza al contrario –racconta Pasquale Formica–, per la prima volta nella storia della nostra antica azienda rischiamo di dover riportare il bestiame a valle per mancanza d’acqua.

Già da un paio di settimane abbiamo iniziato a far muovere le autobotti perché l’acqua del monte che alimenta le vasche del bestiame non basta più.

Un capo adulto consuma circa 80 litri d’acqua al giorno, che con questo caldo possono diventare anche 90 litri, e ormai facciamo anche tre viaggi a settimana con le cisterne.

Durante la notte le vasche si riempiono ma poi l’acqua che entra durante il giorno è ridotta al minimo e non basta al fabbisogno.

Solitamente scendiamo dal monte verso metà ottobre ma quest’anno stiamo pensando di riportare gli animali anzitempo nelle stalle di Piobbico dove ancora l’acqua è più abbondante".

Anche nell’azienda Cau e Spada di Sassocorvaro, dove nascono prelibati formaggi, l’acqua è un problema: "Fortunatamente non quella per abbeverare gli animali -spiega Alessandra Spada-, grazie ad un pozzo e ad un lago artificiale all’interno dell’azienda riusciamo ad abbeverare un gregge di 1800 pecore. Il problema è legato all’aridità dei campi dove da maggio abbiamo una situazione che prima si riscontrava a metà agosto, questo avviene ormai da un paio d’anni: l’erba che le pecore devono magiare è praticamente secca e questo diminuisce la produttività del 30%, obbligandoci a mettere mano già in estate a quelle che erano le scorte di foraggio per l’inverno, con conseguente aumento dei tempi e dei costi".

La pastorizia regala però anche un lato poetico: "I nostri vicini hanno campi dove il secondo taglio del fieno non sarebbe conveniente tra siccità e invasione di cavallette, noi allora mandiamole nostre pecore sui loro terreni così loro possono mangiare quel fieno e i proprietari si ritrovano i terreni concimati". Anche questa è resistenza dal basso ai cambiamenti climatici.