L’addio al totem delle primarie

Ne cito tre: il tentativo del Movimento 5 Stelle di darsi un radicamento territoriale dopo essersi dato uno Statuto e...

L’addio al totem delle primarie

L’addio al totem delle primarie

Ne cito tre: il tentativo del Movimento 5 Stelle di darsi un radicamento territoriale dopo essersi dato uno Statuto e aver scelto di concorrere al 2x1000, cosa che solo poco tempo fa per loro avrebbe avuto lo stesso significato di bestemmiare in Chiesa; il secondo le cronache locali che sono tornate a riempirsi di un aspro dibattito congressuale interno ad un partito e parlo del partito di Fratelli d’Italia della nostra provincia; per ultimo ma non per importanza la scelta prevalente, in diverse realtà del Pd di abbattere il totem delle primarie per costruire alleanze, coalizioni, senza passare per la “conta” che tranne rarissime eccezioni (la più illustre quella che portò Vendola a battere prima Boccia nelle primarie e poi Fitto nelle elezioni regionali pugliesi) si è sempre tradotta nella consacrazione del candidato del partito più grande. Io sono testimone, facevo parte di quella Commissione Statuto, di quando, “regnanti” Veltroni e Bettini, l’esperienza vissuta con Prodi poco prima (primarie di pura facciata buone solo per muovere l’elettorato) fu innalzata, appunto, a totem statutario ben oltre il ragionevole (ragionevolezza che io con altri ovviamente sconfitti cercammo di rappresentare).

Diciamolo. E’ sempre la destra che spinge a produrre cambiamenti profondi nel sistema politico. Fu il fascismo che spinse l’antifascismo ad archiviare il Re e lo Statuto Albertino, a farsi Costituzione oltre le ideologie di parte; fu la velocità con cui Berlusconi fiutò l’aria che introdusse nel nostro paese il bipolarismo forzato di cui quello statuto del Pd è figlio naturale; ed è la vittoria di una tradizionale coalizione fra partiti che ha portato la Meloni a fare il Presidente del Consiglio e costringe chi vi si oppone ad uscire in fretta da schemi buoni per un altro scenario, si tratti della vocazione maggioritaria o del movimento antisistema. Mi pare evidente che se non si farà una tradizionale coalizione fra Pd, 5 Stelle e Sinistra questa coalizione di destra durerà anche se dovesse inciampare, e non può essere che a sinistra si speri solo negli inciampi altrui o nel tecnico di passaggio.

Stessa logica vale per le amministrazioni locali che sono tutte contendibili. Ma fare una coalizione significa che all’interno dei partiti ci si chiarisca, si discuta, ci si appassioni ai temi che devono entrare in coalizione e non solo alle persone. Significa spersonalizzare un pochino la politica che è pur sempre fatta da persone, farla uscire da una “conta” per contare invece quanti siamo tutti insieme, quante forze riusciamo ad aggregare quali compromessi riteniamo accettabili per raggiungere lo scopo. Se prima si sceglieva il candidato con le primarie e poi si facevano una marea di liste, per lo più prive di senso politico, solo per raccattare voti con tutti i rischi connessi, passare a coalizioni di partiti che scelgono il programma il candidato e ovviamente allargano il campo per quanto si può, forse fa perdere qualcosa allo spettacolo ma si guadagna qualcosa in termini di interesse per la politica, per la vita dei partiti che, ça va sans dire, sono il perno del nostro modello costituzionale.

Oriano Giovanelli, ex sindaco

ed ex parlamentare