
L’archi-provocazione: "Villa Marina non ha valore. Sarebbe meglio demolirla"
Fabio Pradarelli*
Vorremmo che Villa Marina si potesse demolire. Di fronte allo stato attuale del complesso, dobbiamo chiederci se questo edificio rappresenta oggi una testimonianza degna di “bene architettonico e storico” da conservare all’interno del tessuto urbanistico e edilizio della città. Sappiamo che nel 2017 è stato dichiarato “bene culturale” in quanto in possesso dei requisiti storico architettonici (?).
La colonia ha occupato per circa 100 anni uno spazio sulla spiaggia in maniera estremamente invasiva, al tempo giustificabile con la sua funzione di luogo di villeggiatura estiva per i figli dei postelegrafonici. Oggi tutto questo non esiste più, ma resta la sua ingombrante presenza. Al suo posto potrebbe esserci uno spazio pubblico di spiaggia libera, dune e servizi alla città, un waterfront ambientale e paesaggistico che darebbe a viale Trieste il suo naturale ampliamento verso il porto. Le superfici utili che le appartengono potrebbero essere tranquillamente recuperate con maggior vantaggio economico alle sue spalle, nelle aree ora libere e non usate (solo un parcheggio di recente formazione...) con nuovi edifici contemporanei e adeguati parcheggi e servizi.
In un sol colpo la cittá si riapproprierebbe di 150 metri di fronte mare, il 15% della lunghezza del tratto di viale Trieste verso il porto che a questo punto si presenterebbe con l’arenile finalmente privo di costruzioni. Torniamo un attimo allo stato dei luoghi: dal punto di vista della qualità architettonica il complesso di Villa Marina non rappresenta certo un valore testimoniale da conservare. Fu costruita nel 1926 con uno stile ancora di sapore ottocentesco e poi rimaneggiato con aggiunte incongrue nel dopoguerra producendo proliferazioni come abusi al contorno e impieghi inappropriati a cui si aggiungono spontaneamente attivitá di contorno, insediamenti e baracche. In passato era stato individuato un criterio corretto dalle Soprintendenze relativamente alla possibilità di un vincolo monumentale per quei complessi edilizi che effettivamente costituivano interessanti testimonianze per la loro qualità architettonica, mentre per tutte le altre era stata lasciata libertà alle Amministrazioni locali di definirne il “destino” senza particolari obblighi.
Da allora una pletora di architetti, amministratori e tecnici hanno fatto a gara per un “conservatorismo” diffuso i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma torniamo a Villa Marina, pensiamo alla sua ristrutturazione funzionale: i costi per la rimessa in ripristino, tenuto conto che il vincolo, rende pressoché intoccabili il complesso edilizio. Sistemare “così come era” un manufatto già originariamente poco interessante architettonicamente e nato come la “Colonia”, rischia di essere un gioco in perdita, senza vantaggio per nessuno e tantomeno per l’ambiente. Ad esempio i 3 piani dell’edificio hanno una altezza interna di circa 4 metri. Ognuno, con le relative finestre anche esse adeguate a tali misure: potrebbero forse oggi essere trasformate in lussuose camere d’albergo con spreco enorme di volume e di energie conseguenti senza risultare di nessun vantaggio per gli utilizzatori e tanto meno per un ragionevole intervento di edilizia sostenibile. Per una scuola o una universitá potrebbero essere idonei, ma dovrebbero in ogni caso subire un processo di ammodernamento sostanziale che superi, con un moderno criterio di ragionevolezza, il vincolo della conservazione che ne prevede solo il restauro. Anche quando si parla di “residenza di lusso per anziani” non si riflette sul fatto che ogni unità abitativa sarebbe condizionata da un assetto distributivo di partenza che non ha sbocchi possibili se non l’accettazione di una mancanza funzionale e qualitativa dovuta alla inesorabile rigidezza della costruzione, compensata solo dalla vista del mare e dall’aria salmastra che di per sé non costituisce certo la salvezza degli anziani residenti. Come evitare tutto questo? Con la volontà e la libertà di affermare che una sostituzione edilizia e paesaggistica intelligente (anche con la conservazione critica di una piccola parte) sarebbe quantomeno auspicabile.
*Architetti