L’assedio a Berengario: due anni interminabili e poi la resa a San Leo

Metà del X secolo d. C. Si parlava della ascesa di re Berengario II, di come si fosse ritagliato il suo spazio nella penisola italiana, di come avesse, allo stesso tempo, scontentato tutti i potenti dello Stivale per farsi spazio. Berengario si era sostituito ai regnanti precedenti (Ugo di Provenza e il figlio Lotario). Ciò non piacque al papa e ad Adelaide, vedova di Lotario.

Adelaide rivendicava la successione; era pur sempre la regina in carica. Appoggiata dal papa chiese aiuto a Ottone, re di Germania. Ottone scese in Italia e conquistò agevolmente Pavia, la capitale. Iniziarono le trattative con Berengario e quest’ultimo riottenne il regno, ma come feudo del re di Germania. Un bello smacco, ma un problema risolto, o almeno così pareva. In realtà Berengario non era capace di starsene buono, di accondiscendere, di soprassedere e governare senza turbare gli animi degli altri poteri forti.

Il re d’Italia riprese a vessare i sostenitori di Ottone. L’esito era scontato, i vessati, come dei frignoni che chiedono aiuto al papà o alla maestra, richiamarono Ottone in Italia. Il germanico fece scendere nella Penisola suo figlio, che perì durante la missione. Una vera e propria disdetta. A quel punto Ottone dovette assumere direttamente il comando e nel 961 tornò in Italia con il suo esercito. Berengario si acquartierò con il suo esercito in una delle fortezze più munite del regno: quella di Montefeltro, ossia San Leo, già provincia di Pesaro - Urbino e ora Rimini. Due anni perdurò l’assedio di Ottone ai danni di Berengario, in San Leo. Chi prevalse? Ottone di Germania, che catturò Berengario e la moglie Willa (Vilna) e li condusse, in catene, a Bamberga, dove trovarono la morte di lì a poco e così trapassò Berengario, secondo di quel nome, testa calda coronata del X secolo. (puntata 237)

Daniele Sacco