Le chiesine attorno a Canavaccio tra storia e sorprese architettoniche

Le chiesine attorno a Canavaccio  tra storia e sorprese architettoniche

Le chiesine attorno a Canavaccio tra storia e sorprese architettoniche

Tra le dolci colline che dalle Cesane scendono nella vallata del Metauro, quando un tempo il territorio era puntellato di poche case tra i campi coltivati e l’odierna Canavaccio non esisteva, le famiglie avevano come unici punti di riferimento le piccole chiese rurali.

Alcune erano semplici edicolette ingrandite, altre delle cappelle, poi venivano le parrocchie di campagna e le più importanti erano le pievi. Recentemente, grazie alle giornate di primavera del Fai, due di esse sono state riaperte dopo diversi anni, svelando segreti, dettagli e storie davvero intriganti, anche se ciò che colpisce di più e rimane nei ricordi è la loro semplice bellezza all’interno del paesaggio circostante, con cui si fondono poeticamente. La cappella Cossi, detta anche chiesina dei Castagni, la troviamo in mezzo ai campi, poco lontano dall’abitato di Canavaccio, annunciata da un portale vicino alla strada. Oggi è isolata, ma un tempo non era solitaria: era la cappella della villa di campagna dei conti urbinati Mauruzi della Stacciola (il loro palazzo è l’ex tribunale in piazza Gherardi). La chiesetta, dedicata a San Nicola da Tolentino, era chiusa da tanti anni. I proprietari l’hanno rassettata per l’occasione e aperta ai curiosi spiegando che le origini sono datate al 1763. Passata con la villa ai Gherardi, fu dunque acquistata dai Cossi e la villa demolita per farne due abitazioni poco distanti. Ecco perché per accedere alla cantoria oggi la porta è esterna, a due metri d’altezza: un tempo, si entrava dalla villa. Il tabernacolo fu rubato diversi anni fa, ma rimangono due busti, del Cristo e della Madonna, nelle pareti laterali.

Riprendiamo la strada in direzione Fossombrone e, poco prima di Calmazzo, deviamo verso la Cesana. Arriviamo a San Cristoforo dei Valli, una chiesa rurale vicina a un piccolo agglomerato di case in pietra, raramente officiata ma ben mantenuta grazie all’operosità di alcune famiglie residenti nella zona. Il signor Adolfo Battistelli, 85 anni, ci racconta: "Un tempo salivo su quel tetto per suonare le campane a martello. C’è una pietra murata lassù datata 1601: la chiesa c’è da secoli, nonostante l’aspetto attuale sia di fine Ottocento".

Fosco Zanchetti si occupa di piccoli lavori di manutenzione: scendendo alcuni scalini in terra ben tenuti, arriviamo a una piccola vetusta cripta; sull’altarino, una croce in pietra che era il blocco posto al culmine di un portale, probabilmente quello della chiesa antica. Pur con l’interno rifatto, la chiesa di San Cristoforo conserva dei pregevoli dipinti: sull’altare maggiore, una tela di Claudio Ridolfi; su quello di sinistra, spicca il Beato Felice da Cantalice di Giovan Francesco Guerrieri, davvero delicato e ricco di particolari tipici del pittore, come il drappo di tela finemente riprodotto.

A destra, la Madonna del Rosario coi misteri, legata ad una confraternita che qui aveva sede. Ma c’è modo di stupirsi ancora: c’è persino una cupola con un lucernaio circolare al centro e due lampadari di cristallo che non sfigurerebbero in un elegante caffè d’epoca.

Giovanni Volponi