Le investì ubriaco, patteggia 3 anni

Due amiche morirono sull’Arceviese travolte dall’auto di un 46enne che aveva oltre 2 di alcol nel sangue

Tornavano da una serata di ballo, camminando una dietro all’altra, sulla Arceviese, quando una vettura le investì uccidendole. L’uomo alla guida era risultato ubriaco. Ieri è arrivata la condanna per Massimo Renelli, il 49enne autotrasportatore di Senigallia che all’alba del 6 gennaio del 2020 travolse le due amiche Sonia Farris, 34 anni, parrucchiera a Calcinelli di Colli al Metauro, ed Elisa Rondina, 43 anni, insegnante all’istituto comprensivo di Montefelcino.

Renelli ha patteggiato 3 anni e 8 mesi di carcere, davanti alla gup Francesca De Palma, per duplice omicidio stradale aggravato. Revocata anche la patente di guida. L’imputato era presente in aula, con i suoi avvocati Tommaso Rossi e Marusca Rossetti. Nessuna parte civile perché le famiglie delle due donne sono state nel frattempo risarcite. Le due amiche erano appena uscite dalla discoteca Megà, a Senigallia, dove avevano passato la serata, e stavano raggiungendo una piazzola dove avevano lasciato la loro auto parcheggiata, nelle vicinanze del locale da ballo. Mentre camminavano a bordo strada vennero travolte e sbalzate a 25 metri di distanza, oltre il guardrail, dalla Fiat Grande Punto guidata da Renelli.

L’uomo risultò positivo all’alcol test con un tasso superiore a 2 e venne arrestato ma poi rimesso in libertà. Sull’incidente mortale la gip Sonia Piermartini aveva disposto anche una perizia, con la formula dell’incidente probatorio. Una perizia cinematica, per ricostruire la dinamica del sinistro, fatta dall’ingegnere Antonio Piccoli, che confermò la responsabilità di Renelli.

Quella mattina – erano le 5,30 circa – lui viaggiava a 60 chilometri orari, le amiche erano una dietro all’altra, a bordo strada della corsia di destra, lo stesso lato su cui procedeva la Punto. Uscite dal Megà (c’è la testimonianza di un poliziotto) camminavano sul lato sinistro, quello previsto dal codice della strada per i pedoni, in modo da guardare le vetture che arrivano da davanti. Il lato destro lo avrebbero raggiunto solo perché a pochi metri avevano l’auto parcheggiata. Sulla perizia la difesa era stata discordante sulla capacità di avvistamento in concreto dei due pedoni, per il perito del gip erano visibili e l’illuminazione era sufficiente, diversamente ritiene la difesa.

L’ingegnere Piccoli valutò che l’auto guidata dall’imputato avrebbe avuto il tempo di frenare, non andava a velocità elevata e comunque era nei limiti consentiti per quel tratto, le due donne erano avvistabili e non erano in fase di attraversamento perché lo avevano già concluso e si trovavano in fila indiana, dirette a recuperare la loro vettura parcheggiata a pochi metri.

Marina Verdenelli