Lepore e il Rof, 26 anni d’amore: "Porto sul palco la verve napoletana"

Il protagonista de ’La Gazzetta’ applauditissimo nel ruolo di Don Pomponio. "Le mie origini mi hanno aiutato nella pronuncia e nel carattere. La difficoltà è rendersi comprensibili a tutti"

Lepore e il Rof, 26 anni d'amore

Lepore e il Rof, 26 anni d'amore

Carlo Lepore, 14 volte al Rof; dal 1996 presenza costante e di grande spessore per il festival rossiniano. Quest’anno, manco a dirlo, applauditissimo protagonista ne La Gazzetta.

Don Pomponio è un personaggio che le sembra cucito addosso.

"Per ogni ruolo c’è dietro un lungo lavoro di approfondimento del personaggio, soprattutto se si tratta di opere non di repertorio. Premetto che mi guida la passione per Rossini. Don Pomponio è il mio 27esimo ruolo rossiniano per 22 opere eseguite. Quando studio cerco di trovare una chiave interpretativa e di mettere a fuoco tutte le intenzioni del personaggio; sarà poi compito del regista dare al tuo materiale la sua lettura".

Quanto l’ha agevolata in questo ruolo l’essere napoletano?

"Molto e non solo per la pronuncia ma anche per il carattere. Il napoletano è una vera e propria lingua, ho anche utilizzato il dizionario per alcuni termini pressoché incomprensibili anche a un napoletano di oggi".

Quale la difficoltà maggiore nell’affrontare questo ruolo?

"Quella di dare senso ai recitativi, dargli forza espressiva e renderli comprensibili anche a chi napoletano non è".

Cosa le ha chiesto il regista?

"Con Carniti mi sono trovato benissimo. E’ un grande regista, ha il teatro nel sangue e ha fatto un lavoro straordinario. Lo spettacolo ha una scenografia minimalista, bei costumi. Tutto prende forma dal nulla, ma dietro c’è un grande lavoro, per figuranti, attori e cantanti con uno sguardo alla commedia dell’arte".

E le difficoltà vocali?

"Rossini è per voci lunghe; ho inserito qualche variazione: un mi basso e un sol acuto, ma c’è perfino un si bemolle che eseguo ovviamente in falsetto visto che sono un basso. Ma si richiede anche precisione ritmica e intonazione perfetta, come nel quintetto a voci sole ripreso dal Turco in Italia".

E con il direttore Rizzi come è andata?

"Benissimo, avevo già lavorato con lui nella Matilde di Shabran al Covent Garden e in Armida qui a Pesaro. È preciso e attento tanto alla musica quanto alle situazioni drammaturgiche".

Lepore, stanco di interpretare ruoli buffi?

"Mi sento a mio agio nei ruoli buffi e continuerò a interpretarli volentieri, anche se un bel ruolo serio ci starebbe bene: Assur in Semiramide ad esempio o Maometto II. C’è un aspetto di canto nobile e legato che difficilmente si mostra nei ruoli comici".

Casa a Pesaro e tanto Rof nella sua carriera…

"Sono molto affezionato a Pesaro e al Rof, ci vengo anche da spettatore. Qui sono passate generazioni di cantanti, registi, direttori e musicologi che hanno fatto storia".

Impegni futuri?

"Sarò Don Magnifico in Cenerentola a Parigi; e poi Don Pasquale al Petruzzelli di Bari e Gianni Schicchi a Sassari. È stato un anno ricco di soddisfazioni: Don Bartolo nel Barbiere al San Carlo, Berlino e Parigi; la Messa di Gloria diretta da Pappano a Santa Cecilia che presto uscirà anche in cd".