L’esercito di donne che denunciano "Più forti della paura, aiutiamole"

In crescita il numero di chi si rivolge al Centro antiviolenza: "C’è sempre maggiore consapevolezza"

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di Tiziana Petrelli

Sono numeri in costante crescita quelli della violenza emersa sulle donne, nella provincia di Pesaro e Urbino. Un dato che nella sua drammaticità (ben 1.726 donne prese in carico dal Centro Anti Violenza di Pesaro dall’aprile 2009 al 20 novembre 2022), per le istituzioni che la combattono ha anche una chiave di lettura più positiva: ovvero che "la cultura della prevenzione nel nostro territorio è una Rete che funziona". "C’è una maggiore conoscenza del Centro Anti Violenza e quindi maggiori accessi" spiega l’assessore alle Pari Opportunità, Camilla Murgia, analizzando i dati diffusi dal Cav in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra oggi. "Tantissime donne – prosegue l’assessora – hanno ormai la consapevolezza di poter accedere attraverso il numero d’emergenza 1522 o anche tramite canali diretti, al Centro ‘Parla con noi’. La cultura dell’informazione sta funzionando e questi dati che aumentano, mostrano come quel fenomeno che abbiamo sempre identificato come ‘emergenza’ sia invece una condizione strutturale. Il recente omicidio di Anastasiia a Fano, poi, ci fa capire che tutto il Paese è vulnerabile al fenomeno, anche il nostro territorio". Se nel 2021 erano state in tutto 149 le donne che si erano rivolte al Cav provinciale, nel 2022 siamo già a 167, un ulteriore incremento rispetto a quel 26,28% che si era registrato nei due anni precedenti considerando che nel 2020 erano state 118 le donne che avevano varcato la soglia di ‘Parla con noi’. L’identikit è quello della donna italiana (solo il 40% sono infatti le straniere), nel 56% dei casi di età compresa tra i 30 ed i 49 anni. Il 61% di loro non è economicamente indipendente: o sono disoccupate, o precarie, o con un lavoro saltuario. Oltre al lavoro diretto con le donne, che dentro il Cav coinvolge operatrici dell’accoglienza, un’assistente sociale, due psicologhe e lo staff di coordinamento, stanno prendendo sempre più piede servizi che si rivolgono agli altri due attori della violenza contro le donne: gli uomini violenti e i loro figli. Perché in 79 casi su 100 i figli assistono alla violenza, subendo traumi che si porteranno avanti nella vita, col rischio di identificare i comportamenti violenti assimilati in famiglia come la normalità.

La psicologa Stella Grassetti è la coordinatrice del servizio Voci che la cooperativa Labirinto gestisce all’interno della rete del Centro Anti Violenza. "Negli ultimi due anni grazie a finanziamenti privati abbiamo preso in carico 35 mamme con cui abbiamo fatto un lavoro di supporto alla genitorialità nel momento in cui vivevano ancora la violenza all’interno delle mura domestiche perché in quel caso coi bambini non si può lavorare – ci ha spiegato –. E poi con 13 bambini e 20 ragazzi vittime di violenza assistita, abbiamo intrapreso percorsi differenziati per l’elaborazione del trauma vissuto. E’ il progetto ‘Armadio’, finanziato dal Fondo di beneficenza Impresa Sanpaolo, nato dall’esperienza di Labirinto nella gestione del Cav: le donne ci raccontavano che quando i loro figli sentivano il rumore della macchina del babbo, si nascondevano dentro gli armadi o nascondevano lì i coltelli di casa per paura di quello che poteva succedere. Abbiamo capito così l’importanza di creare uno spazio sicuro per i minori, aiutarli a esplorare i propri vissuti, a riconoscere le emozioni e a saperle gestire. Ci stiamo battendo per ottenere finanziamenti anche per progetti destinati agli uomini che usano agiscono con violenza. Perché la maggior parte di questi ultimi sono bambini che avevano assistito alla violenza, diventata un modello comportamentale disfunzionale. Bisogna spezzare la catena".