L’Hangar ha ancora un’anima Cadono i veli ed è sempre là

Il racconto del Ragno, Franco Bertini, che inaugurò il vecchio palas nel 1956 mentre nevicava "Ora ci vorrà ancora tempo per i lavori, ma quei 5.000 delle epopee cestistiche veglieranno sugli operai"

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è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. Credevamo d’averlo perso per sempre e invece l’abbiamo ritrovato. Si scopron le tombe, risorgono i morti. Sbendato dai teli e disvelato dalle lenzuola sotto le quali era scomparso per anni, è tornato improvvisamente alla luce del sole il Palasport di viale dei Partigiani, per i pesaresi per sempre l’Hangar. Le fattezze un po’ imbellettate, le murate ridisegnate, ma è proprio lui fatto e sputato, con le sue facciate dietro le quali non si fatica a cogliere i lineamenti di sessantasei anni fa, nel 1956, quando, tirati giù i teloni di allora, si presentò con il tetto coperto di eternit per metà, col campo di cemento collocato in parallelo alla strada statale, senza tribune e quattro sedie, l’interruttore generale attaccato coi chiodi su un tavolaccio, con sullo sfondo, mentre giocavi, la visione di viale dei Partigiani su cui nevicava abbondantemente in quel febbraio del 1956, rimasto famoso proprio per "la nevicata del Cinquantasei", come cantavano ottimamente la Mia Martini e Franco Califano.

Con senso pratico e reso ormai scettico dall’esperienza, il soprintendente del Rof Ernesto Palacio ha dichiarato di aver smesso definitivamente di sognare e di non credere più che lì dentro ci arriverà l’edizione del Rof del 2023. Il soprintendente fa bene ad andare coi piedi di piombo, ma prima o poi sognerà anche lui come per quarant’anni, dal 1956 al 1996, hanno fatto 5.000 pesaresi stretti come altrettante sardine dentro quel "coso" che attraverso gli anni diventò il simbolo indiscusso e indimenticato delle loro giovinezze, della loro passione e del loro orgoglio cittadino. Le loro annate di presenza al vecchio Hangar valgono simbolicamente come le campagne della Grande Guerra sul Sabotino e sul Carso e anche loro sanno cosa significhi il giuramento "o tutti eroi o tutti accoppati".

Sia chiaro, non è che il nuovo palasport sia ultimato, gli hanno solo tolto i teli che lo ricoprivano, rendendolo di nuovo visibile a chi passa lì davanti; tutto quello che dovrà renderlo moderno ed in linea coi tempi sarà il suo interno ancora grezzo e incompiuto. Magari uno poteva temere che sotto quelle lenzuola, con colpo da mago, non ci fosse più niente, che quello evocato sempre come nuovo dal sindaco Matteo Ricci fosse un’idea come un’altra. E invece l’Hangar c’è e nessuno ce lo toglierà. Palacio e il Rof si facciano animo, adesso che l’aria torna a circolare, le 5.000 anime degli spettatori rimaste a vagare su per quella volta veglieranno sul lavoro degli operai.