Fin dalla copertina, “Se mai vedi quel paese“ si annuncia come un libro che dipana le nebbie grigio-azzurre che talvolta avvolgono le Marche sia in senso reale che nell’immaginario collettivo. L’acquerello dell’ascolano Tullio Pericoli mostra mare e colline, un fiume, una torre che ben rappresenta i tanti borghi murati o turriti che costellano tutta la regione.
Il volume (Affinità Elettive, 2024), in libreria da qualche mese, è diviso in due parti distinte, affidate la prima alla penna di Umberto Piersanti, che compone un saggio che si legge come un racconto; la seconda ad Andrea Lepretti, che esordisce con un racconto dai tratti autobiografici e anche un po’ universali. Il binomio è riuscito.
Nella prima metà, si ha modo di percorrere le Marche da Nord a Sud, scoprendole attraverso episodi storici, brani della letteratura, frammenti di poesie, dettagli di opere pittoriche. Piersanti dimostra che non è vero che le Marche non abbiano influito minimamente nella grande Storia. Ci sono sempre state, certo non in maniera massiccia e costante, ma ogni tanto tornavano protagoniste, per qualche motivo o grazie a qualcuno. E le Marche erano presenti fin dal 1300, quando Dante, nella Commedia, fa dire a Jacopo del Cassero "Se mai vedi quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo", intendendo per "quel di Carlo" il regno di Carlo II d’Angiò, che partiva dall’Abruzzo fino a giungere in Sicilia. Dunque Dante, tramite Jacopo del Cassero, che era fanese, non vuole descrivere Fano nella sua singolarità, ma la inserisce in un territorio che sta tra Romagna e Abruzzo: niente di diverso dalle Marche odierne.
Insomma, dimostra Piersanti, la nostra regione ha un’identità antica spesso negata. Da Carlo Bo a Leopardi, da Volponi a Bartolini, l’autore si sposta in ogni angolo della regione ritracciando le battaglie, gli scorci, le citazioni, le opere d’arte che ci identificano e nessuno potrà mai negare.
Nel racconto di Lepretti “Ritorno ai Monti“, in parte basato sulle proprie memorie di ragazzo, troviamo un graduale avvicinamento, che in realtà è un riavvicinamento, alle colline del Montefeltro. Lepretti ci fa scoprire l’essenza di quei luoghi, nello specifico l’alta Val Conca, che l’hanno catturato e hanno fatto sì che dal cosmopolitismo di Bologna, gradualmente, maturasse l’idea di tornare a vivere tutti i giorni "quel paese".
Giovanni Volponi