CLAUDIO SALVI
Cronaca

L’incubo dei musicisti: "Vittime di un male oscuro. Un calvario anche per me"

Mario Totaro, pianista, e la conferenza sulla distonia focale. È una patologia neurologica che rende difficile suonare uno strumento. "Io stesso ne ho sofferto. Per un artista è un colpo al cuore della sua passione"

La distonia focale colpisce dall’1 al 5 per cento dei musicisti professionisti

La distonia focale colpisce dall’1 al 5 per cento dei musicisti professionisti

Pesaro, 18 maggio 2025 – Mario Totaro, il suo appuntamento non è stato la solita conferenza musicologica. Nell’incontro di oggi (ore 11 alla Sala Pallerini di Palazzo Gradari), dal titolo "Il male oscuro dei musicisti" lei ha parlato di qualcosa che la tocca da vicino.

Di cosa si tratta?

"Parlerò della distonia focale dei musicisti, un grave disturbo del movimento, di origine neurologica, che rappresenta una vera e propria malattia professionale non ancora riconosciuta come tale in Italia. Un disturbo che colpisce dall’1 al 5 per cento dei musicisti professionisti".

Una percentuale che fa pensare a un disturbo tutt’altro che raro.

"Purtroppo in aumento e si consideri che nei non-musicisti la distonia ha un’incidenza di poche decine di casi su un milione".

A cosa si deve questa particolare diffusione tra i musicisti?

"Suonare uno strumento a livello professionale è forse la più complessa di tutte le attività sensomotrici umane e il controllo dei movimenti richiesto è spesso incredibilmente raffinato. Ciò comporta nei musicisti un maggiore sviluppo delle zone neuromotorie del cervello e del sistema nervoso centrale rispetto ai non-musicisti. Si può affermare pertanto che alcune ragioni che contribuiscono allo scatenarsi della malattia sono insite nelle stesse esigenze professionali dei musicisti cosiddetti “classici”. Queste esigenze espongono a un mondo fortemente competitivo che crea non solo ansie da prestazione ma molto spesso perfezionismi esasperati. In questo genere di musica lo studio quotidiano comporta la ripetizione di alcuni gesti motori per un numero elevatissimo di volte; generalmente ad ogni ripetizione si cerca di perfezionare il gesto motorio per renderlo il più performante possibile. È proprio durante queste ripetizioni ossessive, dove si cerca di ottenere il massimo controllo dei movimenti, che si rischia di iniziare a perderlo progressivamente".

Come si manifesta?

"In breve tempo, alcuni gesti tecnici che, precedentemente, venivano svolti senza alcuna difficoltà esecutiva e in modo totalmente automatico, diventano sempre più macchinosi e difficili da realizzare fino a divenire impossibili".

Quali sono le cause di questo disturbo?

"Non sono del tutto chiarite ma si pensa siano dovute a un insieme di fattori predisponenti, in parte insiti nella stessa professione, in parte emotivi e in parte genetici. In ogni caso si tratta di una sindrome neurologica a tutti gli effetti".

Si può guarire?

"Ad oggi non esiste una cura risolutiva che garantisca il ritorno alle abilità motorie precedenti allo scatenarsi della malattia".

Immagino sia un dramma per un musicista appassionato.

"Gli artisti che consacrano la loro vita alla musica vengono colpiti nel cuore della loro passione: proprio ciò che prima rappresentava la massima gioia diventa una tortura, portando nella stragrande maggioranza dei casi alla fine della carriera, con conseguenze devastanti a livello psicologico".

Eppure non si parla abbastanza di questo problema

"Purtroppo gli stessi musicisti affetti dalla sindrome tendono a tenerla nascosta per timore che sia scambiata per inefficienza tecnica, quando in realtà colpisce spesso soggetti iperabili".

In Italia dunque non è riconosciuta come malattia professionale.

"In Italia la distonia focale del musicista non dà diritto a sussidi di alcun genere, come avviene ad esempio in Germania".

Conosce colleghi che ne sono affetti?

"Ne ho conosciuti diversi. Io stesso fui colpito dalla malattia nel 1989 e da allora non mi ha più lasciato, anche se sono riuscito negli anni, con tanta fatica e tenacia, a riprendere a suonare a un certo livello, pur non potendo più ottenere il 100% della mia abilità tecnica precedente".

Oggi parlerà della sua esperienza personale?

"Sì, ho deciso di fare coming out. Non è facile parlare in pubblico di un’esperienza così dolorosa ma occorre farlo".

Come si articolerà l’incontro?

"Parlerò della sindrome e cercherò di spiegare i meccanismi che possono generarla, farò poi visionare video di famosi artisti che ne furono vittime e descriverò il mio calvario personale".

Cosa consiglierebbe a chi ha questo disturbo?

"Di non avere paura di esporsi e di parlarne. Oggi ci sono, anche in Italia, alcune strutture alle quali ci si può rivolgere. Non è un percorso facile e nemmeno alla portata di tutti, ma occorre avere fiducia e tentare il possibile".