ANDREA
Cronaca

Lontani dall’aula Il brutto è che ci si abitua

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Andrea

Sebastianelli

Mi chiamo Andrea e frequento la quinta al liceo scientifico di Pesaro. Negli ultimi anni la mia vita si è incentrata molto attorno alla scuola: sono un rappresentante degli studenti. Un anno fa mi trovavo sulle Dolomiti a sciare e avevamo già programmato il ritorno per l’anno successivo. Sappiamo cosa successe poi. Se all’inizio poteva sembrare relativamente gradevole non andare a scuola, ora è asfissiante. E la cosa ancora più sconfortante è che ci siamo abituati a questa situazione. Ritornare in classe significa anche questo: togliersi questa brutta abitudine e recuperare un po’ di gioia nel fare le cose. Ricordo verso aprile e maggio che si discuteva del ritorno a settembre, come se fosse lontanissimo e con grandi punti interrogativi sopra.

Nel primo e vero lockdown ammetto di non essermi approcciato nella maniera più giusta alle lezioni: era più il tempo che dedicavo al resto che alla scuola e come me molti altri, adulti e piccini. Devo però ammettere che a qualcosa è servito: rallentare un po’ dalla vita frenetica di prima ha permesso di concentrarmi di più verso la lettura, per esempio, o lo studio di uno strumento musicale piuttosto che cucinare o guardare dei bei film. Mi è chiarissima la differenza rispetto ad ora dove, avendo ripreso se pur poco a vivere, diminuiscono già le occasioni di riservare del tempo alle attività prima citate.

Ma va bene così. Va bene perché è importante ribadire come non fosse inclusa la scuola o come non lo fosse altrettanto la socializzazione. Va bene perché avendo imparato che è importante destinare del tempo per sé stessi, lo è altrettanto relazionarsi con altre donne o uomini.

Tornare a scuola deve essere soprattutto questo. Al di là degli sbandieramenti politici e delle polemiche - di cui io stesso faccio parte - serve poter dare un segnale ad una generazione che ha sofferto non economicamente forse, ma sotto tutti gli altri punti di vista.

Se non ci sarà questo passo, tra 30 anni voltandomi indietro (nella speranza che sia tutto finito), potrò veramente affermare, sperando vivamente di no, che - cito un illustre artista - la mia generazione ha perso.