Federici torna a Pesaro, l’inferno è finito: "Ora scrivo un libro"

Due anni e mezzo in carcere in Venezuela per aver comprato uccellini esotici. L'abbraccio degli amici all’aeroporto Marconi

Terzo da sinistra, Luigi Federici rientrato dal Venezuela (FotoSchicchi)

Terzo da sinistra, Luigi Federici rientrato dal Venezuela (FotoSchicchi)

Pesaro, 8 marzo 2018 - L'odissea è finita. Luigi Federici è atterrato ieri alle 17.22 all’aeroporto di Bologna dove c’erano ad aspettarlo i suoi amici di sempre, a cominciare dall’instancabile Benvenuto Pagnoni e poi Marco, Massimiliano, Giancarlo. Feste, abbracci, pianti, poi dritti a casa, al Boncio, dalla moglie Bruna, figli e nipotini, uno dei quali non ha mai conosciuto il nonno perché è nato dopo l’arresto di Luigi avvenuto in Venezuela, il 10 settembre 2015.

Venne fermato al momento di ripartire per rientrare in Italia, al check in, perché trasportava 24 coppie di tangare, uccellini esotici, che lui aveva comprato per allevare a casa sua essendo un grande appassionato. Non pensava di violare alcuna legge o al massimo di potersela cavare con qualche multa. Invece gli misero le manette, attaccandolo ad un termosifone. Gli uccellini, ovviamente tutti vivi, vennero liberati.

Lui invece passò in poche ore dalla condizione di turista a quella di prigioniero in Venezuela, dove la vita non vale molto, a maggior ragione quella dei reclusi. Federici ha perso 15 chilogrammi, ha subìto un intervento chirurgico, ha mangiato spesso solo pane e bevuto acqua, ma nel frattempo si è fatto un nome per insegnare l’italiano alle guardie carcerarie, nel coltivare l’orto della caserma militare dov’era rinchiuso e nel dare consigli sulla preparazione del cibo che rimaneva pur sempre una scommessa.

A volte c’era, altre no. Per questo, Federici aveva trovato il modo di farselo arrivare da fuori, pagando un venezuelano e nell’attesa scriveva un libro. Ieri al telefono dall’aeroporto di Bologna, Federici respirava aria di casa: «Che bella la nostra Italia quando sei lontano e non sai se tornerai. Ho avuto paura molte volte ma ho tenuto duro anche nei momenti peggiori. Grazie alla mia famiglia, a Pagno, al Carlino che ha sempre parlato del mio caso dandomi forza, al sindaco Ricci, all’onorevole Morani che si sono dati da fare in tutte le sedi per il mio rientro a casa, ad avvocati e persone care. Ho attraversato un inferno, ma adesso che sono a casa mi sembra che sia passato tutto in un lampo, pochi secondi. La vita forse è questa. Le cose brutte le cancelli. Vale tutto il resto».