Vaccino Pesaro, medici ospedalieri in piazza

Il dottor Gabriele Frausini, primario di Medicina, dice: "Chi non si vaccina crede ai social e a chi capita in tv, ma non alla scienza"

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di Roberto Damiani

Tre ore passate in strada a parlare di vaccini, anche con chi non si fida. Lui è il dottor Gabriele Frausini, 69 anni, primario di Medicina generale degli ospedali Marche nord. Ieri mattina, insieme al capo dipartimento di prevenzione di Asur 1 Eugenio Carlotti, ha incontrato i passanti in piazzale Collenuccio a Pesaro.

Dottor Frausini, ha parlato solo con gente tranquilla?

"Sì, ci mancherebbe. Erano tutti vaccinati e pronti a fare la terza dose. Di non vaccinati, ne ho visti cinque. Persone dai 50 ai 70 anni, che camminavano e che ci hanno visti. Si sono avvicinati chiedendo cosa stessimo facendo. Ho spiegato che ci si poteva vaccinare e che offrivamo spiegazioni a chi intendeva ascoltare".

Se ne sono andati via subito oppure hanno avuto la curiosità di capire qualcosa in più?

"I cinque non vaccinati hanno ascoltato, e ognuno ha detto di aver paura, perché la televisione e i social incutono il dubbio, anzi il terrore delle reazioni avverse. Ho spiegato che anche con AstraZeneca ci sono state solo 3 o 4 conseguenze gravi su milioni di dosi, ma per loro l’unico messaggio era che fare AstraZeneca equivaleva a morire. La comunicazione ha colpe gravissime".

E’ tra i tanti che la pensa così. Ma a chi allude in particolare?

"Ai tanti esperti che vanno in tv senza avere in mano studi e analisi di ciò che dicono. Un vecchio adagio vuole che la scienza si accompagni al silenzio. Con la vaccinazione è successo esattamente il contrario. Tutti parlano, soprattutto chi non ha la minima conoscenza di ciò che dice. Questa schizofrenia di messaggi ha portato molta gente a non fidarsi di niente e nessuno. Così abbiamo il virus che muta in continuazione perché trova sempre persone non vaccinate pronte ad aprirgli la porta".

Battevano sulla storia del vaccino sperimentale e sul perché la durata della copertura immunitaria sia breve?

"Sì, le frasi sono le solite ma ho spiegato che questa malattia ha 2 anni di vita, e il vaccino ne ha 1. La durata della copertura immunitaria nessuno poteva prevederla perché lo accertiamo col passare del tempo e con l’esperienza. Sappiamo però che il vaccino funziona egregiamente, che offre una copertura superiore al 90 per cento contro il contagio e le forme gravi, e che se tutti si vaccinassero il virus non avrebbe corpi ospitanti e morirebbe per sempre. Invece vive e muta perché ha solo l’imbarazzo della scelta su dove andare".

Chi sono i ricoverati in subintensiva?

"Il 70 per cento persone non vaccinate dai 40 ai 55 anni, tutti con polmoniti bilaterali, e il resto pazienti vaccinati molto fragili oppure con doppia dose risalente ad oltre 6 mesi fa. Il più giovane, ora guarito, aveva 35 anni, non vaccinato".

Quel giovane, ha capito il pericolo che aveva corso?

"Lo spero. Io invece ricordo un paziente che tempo fa, appena giunto in reparto, mi ha detto che lo avrei sicuramente curato male perché era un non vaccinato. Gli ho risposto che mi stava offendendo e che non doveva permettersi di dire una parola di più. Ha capito il messaggio. Ad altri ho spiegato che, rispetto al vaccino, l’Aspirina ha effetti collaterali molto più importanti".

Pensa di aver convinto qualcuno a vaccinarsi qui al freddo in piazzale Collenuccio?

"Uno credo di sì, gli altri 4 non so. Li ho visti soddisfatti delle loro verità epidemiologiche apprese dai social"