Ma nell’entroterra impera la siccità. Le autobotti scaricano sempre più: da mille a 30mila metri cubi d’acqua

Il consumo nei centri dell’Appennino si è impennato da luglio ad ora. La proposta della community. Progetto Acqua: "Creare una rete di invasi intorno ai fiumi che ricarichi le portate in periodi di secco" .

Ma nell’entroterra impera la siccità. Le autobotti scaricano sempre più:  da mille a 30mila metri cubi d’acqua

Una delle autobotti di Marche Multiservizi che serve i centri dell’Entroterra, a destra scene dall’acquazzone di ieri

Fate largo, arriva l’acqua ma non dal cielo bensì su ruote, trasportata dalle autobotti. Se dal rubinetto di casa non manca mai l’acqua è merito anche di chi la risorsa idrica la trasporta per andare a alimentare i serbatoi in affanno in alcuni comuni. È il caso di chi – nel caso Marche Multiservizi – rimpingua i depositi e le cisterne (che poi vanno a nutrire i rubinetti privati) dei vari centri dell’Entroterra con le autobotti piene d’acqua quantomai essenziali in questo periodo siccitoso.

Nonostante l’apertura dei pozzi di profondità, proprio il ricorso alle autobotti costituisce per molti comuni il punto cruciale per l’approvvigionamento idrico. Se infatti nelle città le autobotti arrivano in occasione di guasti alla rete, ci sono comuni dell’interno dove l’acqua arriva ormai più viaggiando su ruote che dal cielo. I dati ci dicono che fino al 17 luglio il ricorso alle autobotti è stato praticamente nullo, soli mille metri cubi di acqua trasportati, mentre da lì in poi, a causa della siccità perdurante, il grafico ha preso un andamento crescente, tanto che a fine luglio erano quasi 8mila metri cubi, ma già a metà agosto ne erano stati trasportati 30mila metri cubi.

Se vogliamo che l’acqua torni a correre nei fiumi e nelle reti e non sulle strade servono dunque interventi importanti in provincia. Il gruppo "Progetto Acqua" (una comunity aurtonoma di tecnici che studia il problema idrico) intanto ha fatto i conti in tasca ai pozzi profondi aperti nella nostra Provincia: "Quanto ci ’costa’ l’apertura dei pozzi di Sant’Anna e del Burano? Se qualcuno dovesse pagare, a 450 litri al secondo equivale a 39.000 metri cubi di prelievo al giorno. Supponendo che l’acqua costi 1 euro al metro cubo, la spesa è di 39mila euro al giorno, quindi oltre 1milione di euro al mese, al quale va aggiunto l’immenso danno ambientale che ricadrà sulle prossime generazioni. Il pozzo del Burano non durerà in eterno e lo conferma il fatto che nessuno ai piani alti fornisce alla gente i dati di pressione che staranno sicuramente calando".

La soluzione alla disponibilità di acqua potrebbe essere quella della cosidetta ’Rete Laghi’, cioè realizzare dei depositi vicino ai fiumi, che si riempiono durante le piene poi cedono acqua agli stessi fiumi nei periodi di siccità: "Anche l’Unione Europea ci viene incontro - conclude Progetto Acqua-. Nei progetti finanziabili per il ripristino del territorio in programma nei prossimi anni sono infatti inclusi 25mila chilometri di corso dei fiumi da riportare al loro stato originario".

"Il progetto di Rete Laghi – concludono i tecnici – è quindi perfettamente in linea e permetterà di non usare più dighe o pozzi e di ridare acqua ai fiumi con i laghi nei periodi di secca".

Andrea Angelini