Ma Ricci dove vuole arrivare?

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Roberto

Fiaccarini

Il sindaco Matteo Ricci sta girando l’Italia entrando all’ora di cena nelle borghesissime case di elettori più o meno delusi dal Pd. Seduto a tavola, un giorno tra una bagna cauda e un risotto al Barolo, l’altro tra salsicce e friarelli, cerca l’anima perduta del Pd. Ma dove vuole arrivare, Ricci? I sondaggi dicono che la sua candidatura alla segreteria nazionale del partito è quella con meno gradimento, roba da uno per cento o giù di lì. Sostiene un autorevole rappresentante dem che la sua corsa verso il vertice del partito, sebbene senza speranze, è il solo modo che ha per trattare con Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna favorito per il dopo Letta. "Ricci proverà a dire che ha una rete di sindaci dalla sua parte", prosegue l’interlocutore nel tentativo di interpretare la strategia del sindaco. "Insomma, deve cercare di portare un credito, anche piccolo".

Subito dopo la batosta elettorale, il Pd si è fustigato in una sorta di terapia di gruppo nella quale più o meno tutti hanno ammesso che il partito ha esattamente i difetti che gli avversari gli hanno sempre contestato: ha smarrito la base, parla solo alle élite, è diventato un gestore del potere e via confessando. Un partito nato per rappresentare tutti, nella versione veltroniana, e che si ritrova a non rappresentare nessuno. Né carne né pesce, per tornare alle cene di Ricci. Ma dopo questa prima fase che sembrava aprire la strada a una riflessione profonda, pare si stia tornando alle figurine dei candidati segretari. Magari non sarà così, vedremo. Intanto ieri, i Giovani democratici e il circolo Pd di Montegranaro hanno organizzato un confronto chiamando la gente in piazza Redi, elevata a nuova "agorà – spiegano – di cittadini che puntano a un futuro progressista, ecologista e femminista". Erano in 14, ma da qualche parte si deve pure cominciare. La strada è lunga e in salita. E sono sempre meglio le piazze, anche se vuote all’inizio, che i salotti.