Gemelli da madre surrogata, coppia pesarese rinviata a giudizio

I due, ultracinquantenni, hanno scelto l’abbreviato. Rischiano da tre mesi a due anni di reclusionee una multa fino a un milione di euro

Un reparto di Ostetricia

Un reparto di Ostetricia

Pesaro, 15 ottobre 2019 - Erano stati indagati per violazione della legge sulla maternità surrogata. Loro sono i genitori, pesaresi e ultracinquantenni, di due gemellini avuti da una donna ucraina con la pratica della gestazione per altri. Pratica legale nel paese affacciato sul Mar Nero. Ma non Italia. E infatti qualche settimana fa il giudice Giacomo Gasparini li ha rinviati a giudizio. La pena prevista dalla legge del 2004 sulla surrogazione di maternità va da tre mesi a due anni di reclusione e da 600mila a un milione di euro di multa. La coppia ha scelto di essere giudicata con rito abbreviato.

Entro i primi mesi del prossimo anno dovrebbe arrivare alla sentenza di primo grado. Secondo accusa e difesa, la normativa creerebbe non pochi dubbi. Non sarebbe «tassativa», ovvero non spiegherebbe con precisione chi sono i soggetti destinatari della legge. Il testo si riferisce a «chiunque realizza» tale pratica. Ma se per ruoli attivi come quelli di medici, cliniche e madri surrogate, non sembrano esserci dubbi, l’interrogativo sollevato è se anche i genitori che commissionano (ma non «realizzano in modo attivo) rientrino nella rosa dei perseguibili.

"La legge 40 del 2004 sulla pma, ovvero la procreazione medicalmente assistita, è una legge poco chiara, con grandi lacune – commenta l’avvocato Diana Maria Castano Vargas, che difende la coppia - ed inoltre è nata già superata perché fin da allora, nel 2004, non teneva conto dell’evoluzione della società, della scienza e della tecnologia. Tanto è vero che, successivamente, nell’inerzia di un adeguamento da parte del legislatore, si è resa necessaria un’opera di revisione da parte della Corte Costituzionale".

Intanto i gemellini, il cui atto di nascita è stato comunque trascritto all’anagrafe del Comune di residenza, continuano a stare con i loro genitori. Era il 2016 quando la coppia è rientrata in Italia, nella loro casa nel Pesarese, con in braccio i due piccoli. Il caso è finito subito sotto gli occhi della Procura di Pesaro. All’inizio, oltre alla violazione della legge del 2004, la Cecchi aveva contestato anche il falso nell’atto di nascita dei piccoli. Accusa caduta poco dopo e archiviata. È rimasta in piedi l’ipotesi di surrogazione. Anche se sul punto, si spera in un nuovo intervento del legislatore. «La legge appare indeterminata nella sua formulazione – aveva spiegato la Procura - e quindi di larga interpretazione fino ad arrivare ad un’estensione del lecito o dell’illecito che solo il legislatore può sanare».