Medaglia alla carriera a Giorgio Girelli

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Da tempo rinviata causa Covid nei giorni addietro si è svolta nella prestigiosa Sala Capitolare del Senato la cerimonia di consegna a Giorgio Girelli della medaglia d’oro alla carriera (“ad aetatis honorem”). Vincitore di concorso pubblico nazionale, Girelli ha percorso tutti i gradi dirigenziali della Amministrazione concludendo quale direttore generale delle competenze parlamentari, struttura che gestisce tutti gli aspetti dello status del senatore e che deve anche affrontare complesse tematiche parlamentari. Materia che Girelli ha insegnato per diversi anni nella Università di Urbino. Più conosciuto a Pesaro quale esponente politico, consigliere regionale o presidente del Conservatorio Rossini, in verità le maggiori energie le ha dedicate al suo ruolo di dirigente del Senato, richiesto peraltro per quattro anni anche al Quirinale quale consigliere parlamentare di Cossiga e Scalfaro. Di tutto il resto si è occupato nel tempo libero. I dirigenti assistono i presidenti in Aula e nelle commissioni. Dalle loro file provengono personalità che hanno ricoperto ruoli rilevanti nelle Istituzioni, nelle università e nella cultura quali ad esempio Elia, Scoppola, Gifuni, Manzella. Un mestiere che esige rigorosa terzietà, capacità di estraniarsi dalle proprie preferenze politiche, da praticare semmai fuori ufficio.E non potrebbe essere diversamente per chi collabora con personalità politiche dagli orientamenti contrapposti dai quali deve riscuotere fiducia. Ruolo che Girelli ha sperimentato anche su se’stesso. "Ricevetti una lettera autografa quando dirigevo l’Ufficio della Commissione Affari Costituzionale da Armando Cossutta, Rifondazione Comunista – che era ben al corrente della mia attività politica svolta nel

tempo libero – con espressioni di particolare apprezzamento per il mio operato". Per converso – aggiunge Girelli – ho dovuto correggere in piena seduta il democristiano presidente Murmura (di cui ero pure amico) perché in buona fede, di fronte ad una parità di voti, dichiarava approvata una legge ritenendo che il voto favorevole del presidente prevalesse. Invece la parità significa bocciatura perché tutti i voti hanno lo stesso peso e le deliberazioni sono assunte "a maggioranza".