Messa pasquale per ucraini a Loreto "La vita è sacra, nessuno la tocchi"

Anche monsignor Coccia è intervenuto alla celebrazione per i profughi secondo il rito cattolico bizantino

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di Benedetta Iacomucci

Canestri di vimini con pagnotte e uova seminascoste tra fiori, merletti e candele; nastri azzurri e gialli tra i capelli delle bambine; e poi un sottofondo corale continuo, secondo la divina liturgia di San Giovanni Crisostomo. Dopo l’oratorio, che da circa un mese mette a disposizione i suoi locali per ospitare le lezioni di taliano per la comunità ucraina, anche la Chiesa stessa di Madonna di Loreto, domenica pomeriggio, ha accolto le mamme e i bambini in fuga dalla guerra, consentendo loro di celebrare la messa di Pasqua secondo il rito cattolico greco bizantino.

A officiare è stato padre Andriy Tverdokhlib, affiancato dal sempre presente don Giuseppe Fabbrini, parroco di Loreto, e sul finale anche dallo stesso arcivescovo di Pesaro, monsignor Piero Coccia, ormai in quelle che sono le sue ultime attività pastorali prima di cedere il vincastro al successore.

"La chiesa di Pesaro prega molto per voi – ha detto monsignor Coccia –: vi invito alla speranza e a nutrire la vostra e la nostra fede. Il nostro compito, ora, consiste anche nell’educare le coscienze, perché questi bambini devono sapere che la vita è sacra e a nessuno è lecito attentarla. Deve esserci una reazione forte delle coscienze, e per arrivare a queso dobbiamo profondere il massimo impegno educativo e formativo. Buon cammino". Padre Andreiy ha ringraziato l’arcivescovo, e tramite lui tutta la città: "Ringraziamo il popolo italiano – ha detto –, che ha aperto le porte delle proprie case e del proprio cuore. La guerra ci ha messi alla prova, ma noi andiamo avanti, perché davanti a noi c’è Cristo che con la sua morte ha calpestato tutte le morti". Padre Andreiy ha voluto che fosse monsignor Coccia a benedire i cesti con il cibo. "La tradizione vuole – ha spiegato – che si benedica la carne, il cui consumo è teoricamente vietato nei 40 giorni prima di Pasqua, poi nei cesti ci sono le uova, e un pane ’speciale’, che preparano le donne in casa una volta l’anno".

Inevitabile, poi, raccontare ciascuno le proprie esperienze a contatto con la guerra. "Sono originario di un paese a circa 130 chilometri da Leopoli, Ivano-Frankivsk – ha raccontato padre Andreiy –. Si trova vicino a una base militare. Quando è scoppiata la guerra, il 24 febbraio, i primi missili russi sono stati sganciati proprio lì sopra, appena a un chilometro dalle nostre case. L’idea era colpire subito le basi militari e chiudere la partita in pochi giorni". Poi, sappiamo com’è andata.