“Metropoli e fotografia“ nelle analisi di Antonio De Simone

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Antonio De Simone (foto), docente di filosofia della cultura dell’Università di Urbino, nell’affrontare una nuova fatica dedicata “Metropoli e fotografia“ (Mimesis, 2022) non poteva che prendere le mosse dal sociologo e filosofo George Simmel del quale è tra i massimi esperti. Il tema trattato e l’occhio dal quale osservarlo gli hanno così consentito di spingere l’analisi fino alle più profondi radici semantiche della modernità, nelle quali il concetto di spazio urbano trova profonda e veridica espressione, accompagnando il lettore attraverso riflessioni che lo conducono a una nuova consapevolezza, dapprima teorica poi sempre più calata nel reale, nel quotidiano, fornendo indicazioni utili al flâneur come all’urbanista, senza dimenticare il sociologo, l’artista e l’aspirante edonista.

La riflessione di De Simone prende le mosse da Walter Benjamin per arrivare a ragionare assieme ad altri monumenti del pensiero come Marx, Freud e infine Roland Barthes su come gli strumenti in fondo speculativi dell’arte e della fotografia possano aver trasformato il nostro rapporto con la città e con i suoi emblemi, talvolta perpetuandoli e immortalandoli, talaltra destrutturandoli verso nuove forme interpretative. Punti di vista da mettere in discussione ogni volta che li crediamo acquisiti e definitivi. Del resto, come diceva Barthes, "La fotografia rappresenta ciò che ci appare presente ma che non c’è più" in ciò contrapposta alla "immagine viva di una cosa morta". Dunque il fotografo rappresenta e riproduce la morte o la vita? La riproducibilità dell’opera d’arte si interseca con quella della realtà che viene a sua volta riprodotta nell’opera d’arte, fino a un gioco portato all’infinito, una "mise en abyme" che si fa beffe del nostro anelito all’immortalità. Un libro in forma di venti lezioni accademiche, che lungo le sue 232 pagine si interroga e ci interroga sul nostro rapporto con la rappresentazione del vivere in comunità e sulle prospettive di come questa ci appare e di come noi la vediamo. Un’opera destinata agli accademici come agli studenti ma anche al comune lettore che vuol continuare a farsi domande ontologiche alle quali, inevitabilmente, non saprà dare risposte certe, tenendo sempre ben presente che nessuna domanda può condurre alla meta ma può indicare la strada da percorrere.

Tiziano V. Mancini