
di Claudio Salvi
A chiudere questa 44esima edizione del Rossini Opera Festival sarà domani sera (ore 20) alla Vitrifrigo Arena la Petite messe Solennelle, la composizione sacra scritta da Rossini nel 1863. A dirigere l’Orchestra sinfonica della Rai, il Coro del Teatro Ventidio Basso e solisti di grande prestigio come Rosa Feola; Vasilisa Berzhanskaya; Dmitry Korchack e Giorgi Manoshvili, sarà Michele Mariotti che torna a Pesaro dopo aver diretto Semiramide nel 2019.
Michele Mariotti, finalmente la vediamo al Rof dirigere la Petite messe solennelle.
"Sì è davvero un grande piacere e un onore debuttare con questa partitura che ritengo sia la cosa più alta che Rossini abbia mai scritto. La trovo di una modernità armonica stupefacente che dimostra quanto Rossini fosse avanti: un anticipatore. In queste note troviamo una stretta connessione anche con Verdi e Puccini. Tuffandosi poi nei dettagli della partitura scopri come il binario armonico e quello testuale viaggino in una armonia perfetta".
Una partitura solenne che oltre a una grande orchestra e coro ha bisogno di quattro solisti d’eccezione. Li ha scelti tutti lei?
"No è stata una scelta a quattro mani d’intesa con il sovrintendente. Volevo degli interpreti in grado di cantare delle frasi e non le note. Ed è quello che Feola, Berzhanskaya e Korchach, che conosco bene, sanno fare. E qui al Rof ho il piacere di lavorare anche con Giorgi Manoshvili che ammiro molto per questa sua voce bella, calda e piena. Poi l’Orchestra della Rai, notoriamente una garanzia così come questo coro, preparatissimo e con un organico allargato, che non agirà sui volumi quanto sulla densità, sulla morbidezza dell’emissione".
Ormai lei è richiesto dai teatri di tutto il mondo. Come e cosa sceglie di fare?
"Mi baso essenzialmente sulla qualità del progetto artistico e sulla necessità di andare avanti. Vede, non tornerei mai a Pesaro con opere che pure ho amato o con titoli che ho già fatto diverse volte. Sento la necessità di indossare vestiti diversi. Ermione ad esempio (che Mariotti dirigerà al Rof nel 2024, ndr), è l’opera più futurista che Rossini abbia mai scritto e che rompe tutti gli schemi. Un esempio? Il coro che irrompe già nella sinfonia". Teatro d’opera o sinfonica, dopo molti anni di direzione cosa preferisce?
"Entrambi perché una aiuta l’altra. Nell’opera hai una moltitudine di piani da seguire; la drammaturgia, i cantanti. Ci sono tante cose non scritte che tu devi intuire e fare. Nella musica sinfonica devi essere attento a creare un suono e a dare un colore. L’importante in entrambi i casi è quanto vai in profondità, quanto come direttore riesci a vedere al di là della partitura".
Che cosa ha visto quest’anno al Rof?
"Eduardo e Cristina e l’ho trovata molto interessante, anche se si trattava di un Centone. Quando ami Rossini trovi il bello ovunque. Riconosci le note ma non trovi il testo e scopri che la stessa melodia funziona nel serio come nel buffo".
Tre titoli del Rossini serio. Crede sia stata una scelta artistica giusta quella del Rof?
"Direi ponderata ma allo stesso tempo coraggiosa. Se si deve rischiare meglio farlo in un festival monografico come questo, anche per rispetto alla storia stessa del festival".
Lei gira i teatri di tutto il mondo. Quando le parlano della sua città e del Rof cosa prova?
"Un sussulto di gioia, anche se non mi stupisco. In fondo il Rof si è costruito una fama internazionale ed una grande reputazione e direi che è tutta quanta meritata".