
Guardia di Finanza e Carabinieri Forestale svolgono le indagini (immagini Archivio)
Balle di rifiuti abbandonati in un terreno e una moglie detective da cui parte un’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Ancona. È questo il presupposto da cui è scaturita l’indagine su un presunto traffico illecito di rifiuti e reati fiscali di cui si è discusso ieri mattina dinanzi al giudice monocratico di Pesaro. Tutto nasce dalla segnalazione di una moglie, comproprietaria insieme al marito di un terreno a Montelabbate.
La donna si era insospettita dopo aver visto spuntare tra la vegetazione una collinetta di balle di scarti dell’industria tessile. Ritagli di tessuti compattati e legati con il fil di ferro. Centinaia di balle (almeno 160), ammucchiate sul terreno. La moglie, per vederci chiaro, si è rivolta insieme al figlio ai carabinieri. Ha chiesto ai militari di far luce sulle strane attività del marito.
Era la seconda metà del 2020 e da lì è partita un’inchiesta che ha portato sul banco degli imputati tre persone fisiche, una cooperativa urbinate e due società del pesarese (una di Urbino e una di Vallefoglia). L’indagine è stata affidata ai carabinieri della forestale e alla guardia di finanza che, dopo alcuni mesi di accertamenti, appostamenti e sequestri, hanno ricostruito un presunto traffico illecito di rifiuti non pericolosi legati alla cosiddetta “fast fashion“, la moda a basso costo, che coinvolge anche altre province italiane tra cui Prato, Genova, Firenze e Alessandria.
Secondo l’ipotesi dell’accusa quelle balle provenivano da alcune aziende tessili di Prato che venivano caricate, trenta alla volta, sui camion. Per aggirare i costi dello smaltimento quei camion venivano intercettati lungo il tragitto e la bolla di accompagnamento veniva sostituita con un altro documento analogo ma con l’intestazione aziendale cambiata. La bolla sostituita faceva riferimento, a seconda dei casi, o a una delle due società del pesarese o alla cooperativa urbinate. Nessuna di queste era autorizzata ad effettuare lo smaltimento dei rifiuti e sono finite sotto inchiesta, rappresentate dall’avvocato Paolo Tartuferi. In questo modo si aggirava, secondo l’accusa, il tracciamento della provenienza di questi rifiuti che venivano abbandonati senza il rispetto della normativa sullo smaltimento.
Gli imputati accusati dei reati sono due soci della cooperativa (A.V., 50 anni, difeso dall’avvocato Silvia Mancini e D.P., 50 anni, rappresentato dall’avvocato Elena Pretelli) A.V. è anche il titolare delle due società. Il terzo imputato è M.C., coetaneo dei primi due, autotrasportatore di Prato. E i camion, uno dietro l’altro, con le trenta balle ciascuno, raggiungevano le varie destinazioni tra cui il terreno di Montelabbate, di proprietà dell’anziano marito della moglie detective e un capannone che si trova alle Pantiere di Urbino con il proprietario del quale, una delle società finite sotto inchiesta, aveva stipulato un contratto d’affitto non ancora registrato.
Con l’anziano di Montelabbate, invece, l’accordo di deposito era solo verbale ma con l’impegno, da parte del depositario, di tornare a prendere le balle. Solo che, quell’ingombrante carico, non si è mai mosso da lì e nessuno è mai tornato a prenderlo. Tanto che, per disfarsene, è stato lo stesso proprietario del terreno su cui erano state abbandonate le balle, a doversi far carico dei costi dello smaltimento. Ieri mattina sono stati ascoltati come testimoni i carabinieri della forestale, della guardia di finanza e un dirigente dell’Arpam. L’udienza è stata rinviata al prossimo 3 novembre con l’esame degli imputati e la discussione.