ANTONELLA MARCHIONNI
Cronaca

Morto a 49 anni dopo un’odissea di 18 giorni di ospedale: maxi risarcimento

Alla madre del paziente 300mila euro. Condannata l’Area Vasta 1. Parla l’avvocato Stefano Leardini: “I parenti hanno il diritto di sapere”. Il 22 luglio 2015 il paziente andò al pronto soccorso di Fossombrone. Mai una visita a Torrette

L’ingresso della camera mortuaria a Urbino. Nel riquadro l’avvocato Stefano Leardini

L’ingresso della camera mortuaria a Urbino. Nel riquadro l’avvocato Stefano Leardini

Urbino, 21 giugno 2025 – Per diciotto giorni rimase bloccato in un limbo ospedaliero, febbricitante e lucido, rimbalzato da un presidio all’altro senza mai raggiungere il reparto di neurologia, nonostante alcuni specialisti avessero prescritto il ricovero in quel reparto per gli approfondimenti necessari.

È morto a 49 anni, senza una diagnosi precisa né un’azione risolutiva. Ora, dieci anni dopo, il tribunale di Urbino ha condannato l’Azienda Sanitaria Unica Regionale, Area Vasta 1, a risarcire la madre del paziente, residente a Fossombrone, con una somma pari a 299.078,10 euro, oltre interessi e rivalutazione. La decisione si basa su un principio preciso: la struttura non avrebbe colto segnali clinici evidenti, avrebbe ignorato le indicazioni specialistiche, e avrebbe mancato di attivare un percorso diagnostico tempestivo. Il giudice Laura Trebbi parla di gestione clinica inadeguata e carenze organizzative, che hanno negato al paziente una chance concreta di sopravvivere, stimata dal consulente tecnico nel 40 per cento.

Il calvario inizia il 22 luglio 2015, quando l’uomo si presenta al Pronto Soccorso di Fossombrone con una febbre alta persistente. Viene ricoverato, poi trasferito a Urbino, quindi a Sassocorvaro, e infine di nuovo a Urbino. In diciotto giorni di ricoveri, nessuno attiva un trasferimento in un reparto di neurologia o in una struttura di secondo livello. Nonostante la consulenza infettivologica, neurologica e le continue crisi epilettiche, resta bloccato in un circuito periferico, senza accesso a una Pet/Ct o a indagini diagnostiche ad alta specializzazione che sarebbero state disponibili al reparto di neurologia del Torrette di Ancona. Muore il 9 agosto, ufficialmente per insufficienza multiorgano.

Ma la diagnosi resta febbre di origine sconosciuta. Per la giudice Laura Trebbi, si tratta di una responsabilità contrattuale piena della struttura, aggravata da una gestione clinica inadeguata e da un’organizzazione sanitaria insufficiente.

Il danno riconosciuto alla madre comprende: la perdita di chance di sopravvivenza del figlio (227.650 euro), il danno morale da perdita del rapporto parentale (61.793 euro), il danno patrimoniale per la perdita del contributo al mantenimento (9.028 euro) e le spese funerarie e di consulenza (604 euro). Le spese di Ctu e parte delle spese legali sono state poste interamente a carico dell’Asur. “Quando succede qualcosa di poco chiaro – sottolinea l’avvocato Stefano Leardini del foro di Rimini, specializzato in responsabilità medica –, i parenti hanno il diritto di sapere cosa sia successo e chiedere un eventuale risarcimento. La struttura sanitaria, infatti, potrebbe avere responsabilità anche per un’omissione o per un deficit organizzativo, come in questo caso”.