Omicidio di Pesaro, il messaggio choc del killer: “Sistemo tutto io”

Alessandrini ha scritto al padre con il cellulare di Panzieri, con cui si era arrabbiato prima della cena. E alle 4.30 i vicini l’hanno sentito piangere

Michael Alessandrini è accusato di avere ucciso l'amico Pierpaolo Panzieri

Michael Alessandrini è accusato di avere ucciso l'amico Pierpaolo Panzieri

Pesaro, 25 febbraio 2023 – Il pianto di un uomo verso le 4 e 30 del mattino di martedì scorso. Quando Pierpaolo Panzieri era molto probabilmente già morto. Hanno detto di averlo sentito dei vicini di casa della vittima. Il che lascia supporre che quelle erano le lacrime di Michael Alessandrini, il quale, dopo aver ucciso il 27enne, è rimasto sul luogo del delitto, forse accanto al corpo straziato dalle 13 coltellate, come se lo vegliasse. Nuovi dettagli spuntano in queste ore sull’omicidio della casa bianca di via Gavelli 19. Nuovi tasselli che dovrebbero chiarire i contorni di quello che è successo nelle ultime ore di vita di Panzieri. Ma anche spiegare chi è Alessandrini. Una personalità complessa e difficile tanto che già questa mattina, l’avvocato Salvatore Asole, nominato ieri difensore di fiducia dalla famiglia del 30enne pesarese, si presenterà in procura per depositare due istanze: una per sollecitare la perizia sulla capacità di intendere e di volere di Michael e l’autorizzazione a incontrarlo a Timisoara, in Romania, prima del rimpatrio. E la nomina del consulente Ezio Denti.

Ma veniamo agli ulteriori tasselli della vicenda. Andare a combattere in Ucraina contro i russi era un proposito che Alessandrini aveva in mente da tempo e lo aveva anche comunicato ai genitori. Non sarebbe stata quindi solo la meta improvvisata come nascondiglio dopo il delitto. Un’idea folle che andava ad aggiungersi alle crescenti paranoie dell’ultimo periodo. Come quella di passare accanto al corpo dei genitori una calamita per vedere se, dopo i vaccini, gli erano stati inseriti dei chip.

Ma torniamo al giorno del delitto. Quella sera, la cena tra Michael e Pierpaolo era stata programmata. Il primo aveva fatto la spesa. L’appuntamento era alle 20. Panzieri però è a fare un aperitivo al salotto Cavour e rincasa in ritardo. Nel frattempo Alessandrini era arrivato in via Gavelli ma non aveva trovato nessuno. Quella porta chiusa davanti alla faccia lo aveva indispettito molto. Vissuta forse come una sorta di rifiuto. E dall’unico amico che aveva. Era tornato nel suo hotel, al San Marco, e qui anche i genitori lo avrebbero visto molto alterato. Nel frattempo Panzieri arriva a casa e telefona all’amico. Ma, a quanto pare, sul fisso dell’albergo e non al cellulare perché Alessandrini non ce l’aveva più. Gliel’avevano rubato qualche giorno prima a Milano. Michael ritorna in via Gavelli e i due cenano come stabilito. A questo punto, succede qualcosa. Qualcosa che è la molla che farà scattare la furia omicida del 30enne. Ma su questo è ancora buio.

Fatto sta che alle 23.55 sul telefonino di suo padre, Alessandrini manda un vocale dicendo "abbiamo fatto pace, poi sistemo tutto io". Lo manda con il cellulare di Pierpaolo, perché lui non ce l’ha. E quella parole fanno supporre che il delitto è compiuto. Che Michael si è accanito con il suo coltello sul corpo dell’amico. Più tardi, con quello addosso, prenderà il cellulare della vittima e scapperà a bordo della sua vecchia Clio verso l’Ucraina. Ma la corsa finisce ad Arad, in Romania. "Al di là delle sue fragilità che saranno dimostrate con apposita perizia – commenta l’avvocato Asole – i genitori hanno sempre sostenuto che Michael, quando veniva contrariato, non ha mai avuto reazioni fisiche, ma solo verbali. Allo stato attuale, sulla base delle informazioni che abbiamo, non vedo nessuna premeditazione. Non c’è niente di scontato in questa vicenda".