Delitto di Ismaele, la bella Ambera, fidanzata e amante nei guai per il suo sms trappola

Convocò la vittima, ma al suo posto si presentò Igli che lo uccise

Ambera e Igli Meta

Ambera e Igli Meta

Lunano (Pesaro), 28 aprile 2017 - La ragazza è minuta, poco incline agli studi ma molto ai guai. Si chiama Ambera Saliji, ha 21 anni, padre, madre, due fratelli più piccoli e un macigno nel cuore. Il suo ex fidanzato, Igli Meta, albanese, vent’anni, ha tagliato la gola nel luglio 2015 ad un ragazzo di 17 anni che aveva avuto un rapporto sessuale con lei, Ambera. La quale ha rischiato il carcere perché aveva inviato un sms-trappola alla vittima, Ismaele Lulli di 17 anni: «Ci vediamo alle due nel parcheggio?».

 Il ragazzo ha detto sì, pensando di trovarci lei. Invece Ambera sapeva che all’appuntamento sarebbe andato il fidanzato Igli, il quale le aveva chiesto di inviare l’sms-esca per un unico scopo: far confessare a Ismaele la relazione sessuale con la sua ragazza. E Ambera sapeva o immaginava anche le modalità. Igli le aveva inviato tre giorni prima dell’omicidio la foto di un coltello. Ma lei si illudeva di aver riconquistato il fidanzato facendoci di nuovo l’amore, per poi fumare spinelli, proprio nel luogo dove sarebbe stato ucciso 48 ore dopo Ismaele.

Il giorno successivo al delitto, Ambera dichiarò pubblicamente che avrebbe amato per sempre Igli, che lo avrebbe aspettato attirando su di sè gli insulti sui social di mezza provincia. Nei giorni scorsi, la ragazza si è presentata a Lunano, la cittadina dove risiede con la famiglia, col suo nuovo fidanzato. E’ un macedone. Lo ha portato ufficialmente a vivere a casa sua ma da dove sparisce per mesi.

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La  procura di Urbino non l’ha mai indagata per concorso nell’omicidio. Ma l’ha ascoltata molto, avendo da lei la descrizione di ciò aveva detto Igli dopo l’omicidio: «Mi dispiace, ho ammazzato il tuo amico». Lei in quel momento gli rispose di essere un pazzo ma non lo nascose né gli offrì protezione. La sera stessa dell’omicidio, i carabinieri andarono a prendere Ambera a casa sua a Lunano portandola in caserma dove raccontò subito com’era andata ma dichiarandosi ignara di quello che avesse intenzione di fare il suo fidanzato. Per la procura, quelle parole erano vere. Non la pensa così la Corte d’Assise di Pesaro che, nel condannare l’altro ieri Igli Meta all’ergastolo e il complice Marjo Mema a 28 anni di carcere (comprendendo anche il reato di spaccio di droga, filo conduttore di tutta questa folle vicenda), ha pure trasmesso gli atti alla procura ipotizzando per Ambera il reato di omicidio premeditato.

In altre parole la Corte si è resa conto alla fine del processo che le parole di Ambera non fossero per niente vere, che abbia contribuito all’omicidio con gli sms trappola e che averla considerata una semplice teste d’accusa è stata una scelta sbagliata. Andava indagata. Eppure, la stessa Corte, di fronte agli avvocati della difesa che chiedevano di ascoltare Ambera come indagata nell’omicidio, c’è stato il rigetto. Non se ne vedevano gli estremi.

Dice Debora Lulli, la mamma della vittima: «Ambera è colpevole come gli altri. Non voglio affrontare la questione da un punto di vista giuridico ma morale: Ambera deve andare in galera. Sapeva tutto e il risultato finale non poteva che essere quello. Sono contenta che il tribunale abbia ordinato di indagare su di lei».

Andrea Boni, procuratore di Urbino, dice di Ambera: «Abbiamo valutato la sua posizione decidendo al tempo di non indagarla. Non per calcolo processuale ma per convinzione. Ora il tribunale ci invita a rinnovare le indagini sulla ragazza. Leggeremo le motivazioni della sentenza fra trenta giorni e individueremo ciò che la Corte ha ritenuto meritevole di indagine. Non lasceremo nulla di intentato ma è ovvio che Ambera per ora non ha alcun obbligo ed è una donna libera».