Pesaro, bimbo morto per l'otite. I genitori fanno ricorso

Parlano i legali: "Mecozzi non era l'apprendista stregone"

Francesco Bonifazi, il bimbo morto per l'otite

Francesco Bonifazi, il bimbo morto per l'otite

Pesaro, 9 settembre 2019 - «Sulla base delle motivazioni della sentenza sembra emergere il principio che i genitori non dovrebbero fidarsi solo di un medico, ma rivolgersi a una pluralità di medici, a una sorta di collegio peritale». Parole dei legali di Marco Bonifazi e Maristella Olivieri, i genitori di Francesco Bonifazi, morto a 7 anni nel 2017 a causa di un’otite perla quale lo avevano affidato alle cure omeopatiche del dottor Massimiliano Mecozzi. I due sono stati condannati a tre mesi per omicidio colposo, perché – dicono i giudici nelle motivazioni della sentenza – «non hanno esercitato l’obbligo di protezione nei confronti del figlio. La loro scelta di affidarsi a Mecozzi viene definita «inadeguata e imprudente», soprattutto perché hanno visto nell’omeopata «l’unica figura di riferimento nonostante la rigidità del professionista nell’approccio all’uso di terapie vaccinali e antibiotiche».

Nei prossimi giorni verrà depositato il ricorso in appello, che verterà su alcuni punti cardine: «Quelli somministrati a Francesco – spiegano i legali – sono a tutti effetti dei farmaci perché riconosciuti dall’Organizzazione mondiale della sanità, li chiamiamo rimedi perché fanno parte di una medicina non convenzionale e non a caso sono prescrivibili. I genitori, completamente digiuni di medicina, si sono affidati a un medico e non all’apprendista stregone. Peraltro un professionista che precedentemente, con i medesimi preparati, secondo la loro percezione aveva ottenuto effetti positivi. Fintantoché non si risolverà a livello normativo l’impiego di questi rimedi, problabilmente si continuerà a ingenerare una sorta di pericolo».

Inoltre , il decorso della malattia ha contributo alla scelta di andare avanti con quelle cure, perché c’è stata un’alternanza di stati febbrili alternati a miglioramenti, per cui questa situazione avrebbe tratto in inganno il padre e la madre del bambino. «E un conto è trarre in inganno dei profani – argomentano gli avvocati –, un altro conto quando a non capire è un regolare iscritto all’Ordine dei medici. Altra coincidenza negativa – aggiungono – è che puntualmente si verificavano quegli episodi che il dottor Mecozzi prevedeva si sarebbero verificati, per cui ciò ne aumentava la sua intrinseca credibilità». In sostanza, Marco Bonifazi e Maristella Olivieri non avrebbero avuto gli strumenti né per prevedere la tragedia né per ritenere di doversi rivolgere ad altri professionisti. I legali insistono su quest’ultimo punto: «Cosa si dovrebbe fare ogni volta ch viene commesso un errore in una struttura pubblica?». Anche Mecozzi deve rispondere dell’accusa di omicidio colposo: il processo nei suoi confronti inizierà il 24 settembre.