di Claudio Salvi
Questa sera alle 20 alla Vitrifrigo Arena, andrà in scena la seconda replica dell’applauditissimo Barbiere di Siviglia con la direzione di Lorenzo Passerini (alla guida dell’Orchestra Sinfonica Rossini e del Coro del Teatro Ventidio Basso), nell’elegante allestimento di Pier Luigi Pizzi con un cast di cantanti di prim’ordine. Nel titolo più gettonato della produzione rossiniana Ernesto Palacio ha deciso di bilanciare al meglio il settetto di voci in un mix tra giovani e tre veterani del Rof: Carlo Lepore, Patrizia Bicciré e Michele Pertusi. Il primo è stato un entusiasmante Bartolo, la seconda una solida e convincente Berta, mentre Michele Pertusi ha confermato tutta la sua esperienza e classe riproponendo il suo acclamatissimo Don Basilio.
Tre ’Barbieri’ al Rof in 6 anni. Un ruolo che conosce come le sue tasche.
"A Pesaro l’ho già interpretato nel 2018, poi nel 2020 nell’anno della pandemia ma in streaming ed ora torno a farlo di fronte al pubblico. E’ un grande piacere riprenderlo perché è un ruolo divertente ed è un classico per un basso del repertorio rossiniano. Ogni volta è comunque una sfida soprattutto a Pesaro dove l’attenzione ai dettagli notoriamente è molto alta".
Terza volta con la regia di Pizzi.
"Non è mai la stessa cosa. Quando si cambiano gli interpreti (come in questo caso), anche lo spettacolo si modifica. E’ chiaro che parliamo di un allestimento riuscitissimo, bello, elegante, fluido dove il pubblico si diverte e dove la partitura è rispettata rigorosamente con i recitativi tutti integrali".
Questa volta sul podio un giovane ed esuberante Lorenzo Passerini.
"Ho visto in lui l’amore per la musica di Rossini. Non è stato calligrafico ma quasi. Ogni interprete si prende delle libertà, ma tutto con grande disciplina. Sentiremo ancora parlare di lui".
Il suo primo Rof nel 1992 e poi ben 17 presenze a Pesaro.
"Tutto ciò che ho fatto e sono lo devo in gran parte a questo festival. Quando ho debuttato era appena nata la seconda generazione della Rossini reinassance che seguiva quella dei mostri sacri (Blake, Horne, Merritt, Ramey). Fu un modo diverso di approcciare Rossini, così come oggi i cantanti della nuova generazione hanno un loro modo di interpretarlo".
Quale ruolo ricorda con più affetto?
"Senz’altro il Duca D’Ordow in Torvaldo e Dorliska (Rof 2006). La mia parte più difficile, ma la più emozionante".