Peyrepertuse e Petra Pertusa: origini comuni

Di tanto in tanto si sente affermare che l’Italia possiede i castelli più belli d’Europa. In laterizio, in pietra... i centri fortificati italici svettano sull’arco alpino e su quello appenninico, punteggiano la bassa padana, torreggiano lungo le coste per avvistare la minaccia saracena. Il nostro egocentrismo però non ha eguali poiché sia l’Europa che la Terrasanta vantano fortificazioni mirabili che a volte si affiancano e a volte superano quelle italiane, per magnificenza.

È il caso – e con questa uscita chiudo il discorso sull’eresia catara – del castello francese di Peyrepertuse. Il nome dovrebbe ricordarci qualcosa: il Furlo. Come il Furlo? E sì, proprio lui o meglio uno degli antichi toponimi della gola sul Candigliano che era “Petra Pertusa“. Pietra scavata, pietra forata, dal fiume e dalla galleria di Vespasiano nel caso del Furlo e dai mastri scalpellini riferendoci al castello francese. Smartphone alla mano, browser aperto su "google", scrivere: "Peyrepertuse immagini", si aprirà un mondo (www.peyrepertuse.com).

Si tratta di un mirabile esempio di sito d’altura interamente edificato in pietra; ritengo sia uno dei più belli, tra i castelli d’Europa (insieme all’abruzzese Rocca Calascio). Il sito è menzionato nel IX secolo. All’esordio del basso Medioevo era proprietà delle città prima di Narbona poi della spagnola Barcellona. Passò in seguito in mano a signori feudali di eresia albigese (stesse tematiche catare). La fortificazione fu attaccata da Simon de Montfort durante la crociata albigese, nel XIII secolo. Eresie a parte, il sito fu fondamentale per la gestione dei confini tra Francia e Spagna, talmente fondamentale che lo stesso re francese, attorno alla metà del XIII secolo, ordinò che fosse realizzata una scalinata di accesso interamente intagliata nella roccia.

Daniele Sacco