Piste sul Catria, lo sdegno degli ambientalisti

Ieri riunione al castello di Frontone. Sottoscritto e depositato un esposto alla procura di Urbino. Gli esperti: guasti irrimediabili

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E’ uno dei rari casi in cui il disastro compiuto sui monti si vede anche dal mare. Sui fianchi squarciati del Catria sembra passata la spada di Zorro. Dai borghi pedemontani l’impatto è maggiore: immaginate un autodromo ad alta quota tra le antiche faggete e le praterie del massiccio. Sul posto, la visione atterrisce ancora di più: le balze dell’Acuto scalzate, enormi sbancamenti, cotica vegetale distrutta, massi e detriti giù per le scarpate.

Questo è lo sci, bellezza, avrebbero decantato i fautori dell’opera con le ruspe in azione. Grandi piste, folle di amanti della neve attese nel comprensorio. E pazienza se non nevica più come una volta e l’anno scorso s’è sciato solo pochi giorni. Tanto i fondi sono pubblici: 6,5 milioni di euro, venuti a cascata dall’Unione europea passando per la Regione e gli altri enti. D’altra parte, c’era scritto nella relazione illustrativa redatta che risultava ‘indispensabile un intervento mirato alla messa in sicurezza e al miglioramento delle piste’, nonché ‘al potenziamento degli impianti esistenti, che sfrutti quanto già in essere senza stravolgere la natura’.

Più che stravolta, la natura è stata distrutta, in barba ai vincoli e alla presenza di un sito Sic e Zps, istituito in base a due direttive europee. Come è stato possibile? Semplice: un agronomo ha realizzato la valutazione d’incidenza, l’Unione montana l’ha approvata, la Provincia non l’ha valutata approvando però la valutazione di impatto ambientale, la Regione ha ingoiato tutto. Un po’ di modifiche in corso d’opera e via.

Per denunciare il disastro si sono messe insieme 10 associazioni ambientaliste marchigiane (Cai, Pro Natura, Gruppo intervento giuridico, Italia Nostra, Lega Anti caccia, Lega Anti vivisezione, Legambiente, Lipu, Lupus in Fabula e Wwf), riunite ieri al castello di Frontone. Hanno sottoscritto e depositato un esposto presso la Procura di Urbino. In esso si ravvisano opere diverse da quelle indicate nel progetto (il confronto tra foto satellitari dal 2016 al 2018 evidenzia anche la costruzione di piste ex novo) e la distruzione di habitat all’interno di un sito protetto, oltre alla falsità ideologica in atti pubblici.

Molti guasti appaiono irrimediabili, come sottolineato da Fabio Taffetani, botanico dell’Università politecnica delle Marche, attraverso uno studio del suolo: ‘Quel bosco (6 gli ettari di faggeta distrutti) non ricrescerà più, altre porzioni si seccheranno, interi versanti franeranno a valle’. Danni su danni, interi orli forestali distrutti. Un altro ampliamento delle piste, una dozzina di anni fa, aveva provocato analoghi problemi causando tra l’altro l’estinzione di una rarissima felce endemica: la Dryopteris gymnocarpa. Stavolta si prevedono effetti ancora maggiori sulla biodiversità del rilievo calcareo più settentrionale dell’Appennino centrale.

Alla faccia del turismo sostenibile. Con metà dei soldi stanziati per le piste – è stato detto – si sarebbero ristrutturate almeno 50 case coloniche, da destinare a bed breakfast.

Le associazioni chiedono il sequestro d’urgenza del cantiere e di tutte le aree interessate da interventi in violazione di legge. Per salvare il salvabile.