
Un'operaia al lavoro (immagine di repertorio)
Pesaro, 5 giugno 2025 – Dieci anni di contratti a tempo determinato, oltre 50 proroghe e una vita lavorativa trascorsa nel limbo del precariato. Ma alla fine, per una operaia metalmeccanica di 43 anni della provincia di Pesaro, è arrivata la svolta: i giudici hanno ordinato all’azienda la stabilizzazione con contratto a tempo indeterminato e un risarcimento pari a dieci mensilità.
La sentenza definitiva è arrivata il 15 maggio dalla Corte d’Appello di Ancona, che ha confermato quanto già stabilito in primo grado dal Tribunale del Lavoro di Pesaro nel maggio 2024. A sostenere la lavoratrice in questa lunga battaglia è stato l’ufficio legale della Uil Marche, con l’avvocata Alessandra Khadem. La storia è emblematica: entrata per la prima volta in azienda nel 2004, l’operaia ha visto il proprio impiego prolungarsi nel tempo con contratti sempre a termine, senza mai una reale prospettiva di stabilità. Solo negli ultimi cinque anni, ben 35 proroghe.
Il tutto, secondo quanto accertato dai giudici, senza che sussistessero condizioni eccezionali o imprevedibili tali da giustificare questa precarietà continuativa. A legittimare formalmente questa situazione, anche un accordo sindacale aziendale a cui la Uilm non ha mai aderito, giudicato in sede legale in contrasto con la normativa europea sulle tutele contro l’abuso dei contratti a termine. “Purtroppo ci sono imprenditori che pensano al lavoratore come a un moderno schiavo – secondo Paolo Rossini, segretario generale della Uilm di Pesaro Urbino – e quindi si disinteressano completamente dei contratti a tempo indeterminato puntando su una precarietà che si protrae all’infinito e genera solo lavoratori remissivi e sotto continuo ricatto”.
Sia il Tribunale del Lavoro di Pesaro, sia la Corte d'Appello di Ancona hanno riconosciuto le ragioni della lavoratrice, assistita dall'avvocato Alessandra Khadem, dell'ufficio legale della Uil Marche, e condannato l'azienda alla stabilizzazione oltre che al riconoscimento delle spese di lite di entrambi i gradi. La sentenza in Appello dello scorso 15 maggio fa seguito al giudizio di primo grado del maggio 2024. “Una bella vittoria che conferma la necessità di sostenere i lavoratori nel vedersi riconosciuti diritti che altrimenti resterebbero solo sulla carta– sottolinea Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – La Uil è al fianco delle persone e attraverso il lavoro sinergico dei sindacalisti e del proprio ufficio legale ha subito individuato l’illegittimità di questi rapporti di lavoro e tutelato la lavoratrice”.
Secondo i giudici le ragioni addotte, come ad esempio, l'andamento altalenante degli ordinativi, non rappresentavano circostanze eccezionali tali da giustificare il ricorso a un numero così eccessivo di contratti a tempo determinato. "Esprimo una grande soddisfazione professionale e anche umana – le parole dell’avvocato Khadem - Da un lato infatti è stata pienamente accolta la tesi legale sostenuta: i contratti di prossimità, su cui si sono basate le reiterate assunzioni a tempo determinato, sono stati dichiarati nulli perché violavano la direttiva europea in materia di precariato. Dall'altra aver tutelato i diritti di una lavoratrice madre, che ha avuto il coraggio di agire in giudizio per rivendicare i propri diritti è una grande soddisfazione".