"Prossimo anno al Palas-Auditorium? Ho smesso di credere nei miracoli"

Palacio, che in pandemia si inventò l’orchestra in platea, plaude al ritorno di un’edizione a pieno regime "I titoli poco conosciuti? Scelte doverose. La sovrapposizione con Macerata? Si poteva evitare"

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di Claudio Salvi

Ernesto Palacio, primo direttore di festival al mondo che ha sfidato il lockdown inventandosi la soluzione dell’orchestra in platea, dei cantanti sul palco e del pubblico sugli spalti, oggi è il primo ad esser felice per questo ritorno alla normalità del suo Rossini Opera Festival. Al sovrintendente non sembra vero di tornare agli spazi e ai numeri abituali per questa 43esima edizione che segna anche il ritorno del pubblico dall’estero: Giappone; Sati Uniti; Francia; Germania soprattutto. Ma quest’anno non ci saranno i russi.

Palacio cosa significa tornare a pieno regime?

"Significa tornare a lavorare come siamo abituati a fare, usando tutti gli spazi e riappropriandoci dei numeri ai quali eravamo abituati; per quanto riguarda il pubblico almeno il 50% in più. E significa tornare a risentire molte lingue, a rivedere i nostri aficionados da ogni parte del mondo".

Lei ha già annunciato i titoli del prossimo Rof e si tratta di tre opere tra le meno conosciute di Rossini. Un azzardo?

"Guardi, non è la prima volta. Lo abbiamo fatto anche nella scorsa edizione proponendo titoli non proprio di ‘cassetta’. Credo che sia compito di un festival come il nostro proporre il repertorio meno conosciuto di Rossini. In fondo il Rof si è sempre distinto per questo; recuperare titoli caduti ingiustamente nell’oblio, così come cercare di ripulire dalle incrostazioni e convenzioni le opere più famose e restituirle filologicamente nella maniera più corretta al pubblico".

Una precisa scelta artistica?

"Direi proprio di sì, oltretutto credo sia un dovere istituzionale per quello che rappresentiamo nel mondo".

Che edizione sarà quella di quest’anno?

"Ce la metteremo tutta per offrire al pubblico un festival ricco e completo. Sarà un Rof interessante con molti debutti (ne ho contati almeno una decina) e con ben 15 ex allievi (vecchi e nuovi) dell’Accademia rossiniana. Abbiamo poi l’atteso ritorno dopo trent’anni di assenza di Hugo De Ana che torna al Rof dopo la sua storica Semiramide di 30 anni fa con questa nuova produzione de Le Comte Ory. E poi abbiamo un carnet ricchissimo".

E chi dovremo tenere d’occhio in particolare?

"Non voglio fare dei nomi per non creare aspettative e per non incorrere in gravi dimenticanze. Ma mi sentirei di segnalare il ritorno di Eleonora Buratto (Desdemona nell’Otello); una grande cantante che abbiamo già avuto modo di apprezzare al Rof. Così come mi ha colpito molto alle prove anche Maria Kataeva (Isolier ne Le Comte Ory); sentiremo certamente ancora parlare di lei. E mi fermo qui".

Sa nulla sul ritorno del Rof nel nuovo Palas-Auditorium?

"Posso dire che, a meno di miracoli a cui credo poco, anche il prossimo anno avremo la stessa situazione: di nuovo alla Vitrifrigo Arena".

E sul Barbiere a Macerata?

"Nessuna polemica per carità, l’unica cosa che mi ha lasciato perplesso è stato l’allungamento del loro calendario che si è andato a sovrapporre al nostro. Credo si potesse fare diversamente, questo sì".