Quando contado e borghesia si spartivano la fiera

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Franco

Bertini

L’alba è ancora lontana quando si mettono in marcia dopo aver "guarnito" le bestie della stalla al lume della lampada a carburo. Molti sono scalzi sulla strada bianca, scarpe o scarponi annodati a traverso sulla spalla li tireranno fuori in vista della fabbrica Montecatini, alle porte della città dove arriveranno lungo la vecchia strada da Montelabbate. Sono i contadini che vanno alla Fiera di San Nicola negli anni Cinquanta del 1900, quando Pesaro finisce esattamente dopo la Montecatini e poi già sei in piena campagna. Tutto il contado arriva da lì alla più grande fiera dell’anno, quella a ridosso della stagione invernale e i mezzadri vengono a fare compere entrando attraverso il passaggio a livello dei Cappuccini: tutto quello che può servire ai loro bisogni è schierato da piazzale Carducci, viale XI Febbraio, statua di Garibaldi in là. Dal trattore alla semente, dallo "sghetto" alla cipolla, dal giogo per le vacche alle corde, compresi gli animali vivi piccoli e grandi. In città non entrano nemmeno, la puntata massima è semmai fino al teatro Rossini perché lì c’è innalzato il gran lenzuolo del cantastorie coi disegni a fumetto della triste storia: l’artista tocca con un bastone l’immagine dipinta a attacca "passano giorni, settimane e mesi, la ragazza non fa più ritorno...". Verso l’una, mio nonno e uno dei miei zii che arrivano sempre in coppia alla fiera, adesso con la scarpe ai piedi, ingombri di cartocci e piccole balle si avventurano con passo campagnolo e diffidente giù per "i vìcle", cioè via Passeri, piazza Antaldi e via del Vallato per venire a mangiare un piatto di minestra a casa nostra, con l’aria straniata di chi gli manca quasi il respiro, seduti in punta di sedia a un metro dal tavolo come nella loro cucina campagnola, con mio nonno impacciato nel chiedere un altro bicchiere di vino. Era una specie di festa anche per loro, ma non vedevano l’ora che finisse. Intanto la Fiera di San Nicola dei "cittadini e dei borghesi" impazzava da piazza Lazzarini in là, per tutto il centro storico. E oggi è una "boba di tutti uguali" giù per il mare.