
L’intervento accorato del prefetto sulla tragedia istriana durante la cerimonia nel Salone metaurense. Il sindaco Biancani: "Grave lo sfregio di Trieste, un faro di luce invece il gemellaggio di Gorizia" .
Dopo l’inno nazionale è stato il Nabucco di Verdi ad elevare gli animi dei presenti, ieri in Prefettura, alla cerimonia commemorativa del “Giorno del Ricordo“, doverosa presa di coscienza sulla ferocia delle foibe e il doloroso esodo giuliano dalmata. Con intelligenza – davanti ad un pubblico composto anche da oltre cento adolescenti delle superiori – i rappresentanti delle istituzioni chiamati a fare una sintesi tra i fatti accaduti e gli insegnamenti da trarre, hanno scelto parole semplici, affidandosi anche alla canzone Simone Cristicchi.
E così tra le pareti solenni sono echeggiate le note di “Magazzino 18“ con quel suo ritornello micidiale: "Ahhh come si fa/ a morire di malinconia/ per una terra che non è più mia; Ahhh che male fa/ aver lasciato il mio cuore/ dall’altra parte del mare". Non meno efficaci le strofe : "Sono venuto a cercare mio padre/ in una specie di cimitero/ tra masserizie abbandonate/ e mille facce in bianco e nero/Tracce di gente spazzata via/da un uragano del destino/quel che rimane di un esodo/ora riposa in questo magazzino/E siamo scesi dalla nave bianca/i bambini, le donne e gli anziani/ci chiamavano fascisti/eravamo solo italiani/Italiani dimenticati/ in qualche angolo della memoria/ come una pagina strappata/dal grande libro della storia".
Versi popolari la cui sostanza è riaffiorata dalla lezione di storia affidata al professor Riccardo Paolo Uguccioni, presidente della Società pesarese di Studi storici e dalle testimonianze di Milena Trolis – rappresentante del comitato di Pesaro dell’associazione nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia – e di Marialena Tamino della comunità giuliano-dalmata di Pesaro. Entrambe bambine, di Pola, la prima e di Zara la seconda, sono pesaresi, figlie di esodati le cui famiglie sono state accolte da Padre Damiani. Le due donne hanno parlato anche di non nutrire rancore e di muovere verso il perdono. L’hanno voluto dire dopo aver colto la piena volontà di condividere la crudezza degli eventi, non più negati, nascosti, rimossi. Tanto che la prima a fissare con grande lucidità, il dramma delle foibe, è stata il prefetto Greco. "Dobbiamo consocere per capire; non dobbiamo temere la verità – ha detto il prefetto –: solo così saremo veramente liberi. Dobbiamo mantenere il pensiero critico. La violenza non ha patria. Il potere dovrebbe essere il mezzo per fare del bene. Come ha fatto padre Damiani a Pesaro. Facciamo la nostra parte emulando quell’abbraccio che la città di Pesaro seppe dare ai profughi del confine orientale. Siate luce che illuminil mondo". Come in occasione del Giorno della memoria, il prefetto, ha affidato il suo messaggio anche ad un video, realizzato personalmente. Con parole chiare, Greco, ha descritto le atrocità subite dagli infoibati: "Venivano schierati susugli argini delle foibe, legati gli uni agli altri. con un lungo filo di ferro. appesantiti da massi di circa 20 chili. I primi tre del gruppo venivano uccisi con i mitra. Ma soprattutto il dolore degli esuli è stato acuito dalla cortina di silenzio: si deve soprattutto a loro se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo è uscito dal cono d’ombra".
L’intervento del sindaco Biancani ha riportato tutto sul piano della piena attualità: "Ricordare le tragedie dei popoli dovrebbe servire per costruire un futuro comune – ha osservato –. È grave, e contrario a questo obiettivo, quello accaduto a Trieste a sole 48 ore da questa giornata, con scritte vandaliche che utilizzano tragedie storiche per dividere i popoli, invece che per unirli. È un faro di luce, invece, la strada che ha condotto al gemellaggio tra Nova Goriza e Gorizia, diventate insieme Capitale europea della Cultura. Un percorso di amicizia che passa anche dalla Foiba di Basovizza".