Quelle medagliette, ‘fossili’ di vita e sacrifici

Alla riscoperta dei voti raccolti nei campi intorno a Cantiano, ricordo di un tempo in cui ci si affidava all’alto per cercare protezione

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PESARO

di Amedeo Pisciolini

Paolo Faraoni (foto), scrittore ed esperto paleontologo di Secchiano non ama solo la storia di milioni di anni fa, ma anche quella più recente fatta di stenti e sacrifici come la cosiddetta ‘civiltà contadina’ l’importante è che interessi il territorio del Monte Nerone, Monte Petrano e Monte Catria. In questi giorni Faraoni ha inforcato la macchina e si è recato a far visita a Cantiano a casa del suo amico Fiorenzo Bei, appassionato di tradizioni locali. "Fiorenzo- racconta Faraoni- ha lavorato per anni con la ditta locale Sandreani che si occupava fin dai primi anni del novecento della costruzione di macine in pietra e successivamente di molini, arrivando ad occupare anche più di cento operai. Fiorenzo è innamorato del suo territorio e raccoglie tutto quello che gli ricorda il duro lavoro degli abitanti del luogo: asce, bilance, e vecchi attrezzi arrugginiti vengono ripuliti e conservati come fossero delle preziose reliquie. Mi dice che ogni pezzo ha visto le fatiche di tante gente e ha una storia da raccontare e quindi merita il necessario rispetto. Oggigiorno si tende a eliminare tutto quello che è vecchio, come mobili, utensili, e tradizioni mentre per me queste cose mi fanno pensare a tempi certamente più difficili ma sicuramente molto più solidali e romantici di oggi".

"Tra tanti ricordi – continua Faraoni- il Fiorenzo in un cassetto tiene la sua collezione di medagliette votive, medagliette che ha raccolte nei campi intorno a Cantiano, quando ogni pezzetto di terra veniva amorevolmente coltivato. Fin dal seicento era usuale fare pellegrinaggi ai santuari più importanti tra cui quello di Loreto e riportare a casa tante medagliette votive che in parte venivano attaccate alla biancheria intima quali magliette di lana, e altre appese nelle croci di canne che ogni anno e precisamente il 3 di maggio " Festa della Santa Croce" venivano messe a protezione delle coltivazioni". "Oggigiorno- aggiunge Faraoni- la meccanizzazione ha portato una forte diminuzione di lavoratori nei campi mentre quelli meno fertili sono stati abbandonati. Tutto questo però non ci fa dimenticare che siamo fatti di storia... di tradizioni millenarie tramandate di gesto in gesto.

Una croce intrecciata con i rami d’ulivo benedetti, un santino e una medaglietta votiva per proteggere il raccolto per "garantire" così la propria vita, e gestire la paura del futuro a protezione delle proprie fatiche. Insomma un rito propiziatorio. Ingraziarsi la divinità per proteggere il frutto del proprio lavoro non è, infatti, una impellente esigenza che risale solo alle origini della cristianità occidentale ma già con le "Ambarvali" del periodo romano i contadini del tempo sentivano la necessita di ingraziarsi gli Dei a protezione dei raccolti.

Fu Papa Liberio nel IV secolo dopo Cristo che spinse per sostituire ed inglobare nel sentimento religioso e rituale cristiano le festività dei "Ambarvali" che si continuavano a svolgere nelle campagne il 25 aprile e nei primi di maggio".

"La raccolta di medagliette devozionali di Fiorenzo Bei- conclude Faraoni- alcune delle quali risalgono al seicento, ci mostrano come era difficile e spesso aleatoria la vita dei nostri avi, che per millenni hanno abitato il territorio". Una storia che merita il dovuto ricordo e il meritato rispetto per il duro lavoro e la fatica che occorreva per sopravvivere.